L.A. Lakers @ Sacramento Kings 91-100 L (0-2)
Dopo la bruciante sconfitta nell’opening night contro i Bulls, era interessante vedere sopratutto da un punto di vista psicologico quale sarebbe stata la reazione della squadra sul campo. Ma non solo: il polso di Kobe preoccupa molti, anche visto e considerato che la scelta sbagliata nell’ultimo possesso contro Chicago potrebbe essere stata influenzata proprio dal dolore sul movimento di tiro.
La prima azione: McRoberts blocca per Kobe sul lato debole, il Mamba riceve da Fisher a sei metri dal canestro e infila il jumper con perfetto movimento di polso. Segnali incoraggianti. La partita mantiene da subito ritmi piuttosto bassi e ciò che si vede in campo è molto simile a quello che ci si aspetta dalla seconda partita di regular season, ovverosia tante palle perse non forzate dalla difesa, lentezza nelle rotazioni sul perimetro, tanti tiri da fuori. Gasol fatica ad ingranare contro Cousins, le sue ricezioni sono molto più profonde di quelle medie della gara di ieri, ma che non è serata lo si capisce sin dal primo quarto. Quando il catalano esce dal campo con circa cinque minuti da giocare sul cronometro, Kobe inizia ad attaccare ostinatamente, quasi infastidito, segna due jumper, si fa stoppare in penetrazione con azione sinistramente simile all’ultima dell’opening night, prova da solo a generare attacco, poco supportato dai suoi compagni. Quando anche lui esce per prendere cinque minuti di riposo ad inizio secondo quarto, la sensazione è che i Lakers, autori di soli 20 punti nei primi 12 minuti, possano andare in grossa difficoltà a trovare qualcuno che la METTA dentro. E invece accade l’inaspettato, perchè proprio Metta World Peace si carica la second unit sulle spalle e segna 10 punti in un amen, il tutto mentre Pau continua a spadellare a piacimento. Per quanto riguarda la metà campo difensiva, i Lakers scelgono di sfidare al tiro da fuori Sacramento, Thornton ed Evans non si fanno pregare, ma le loro percentuali non sono alte e il pitturato rimane ben presidiato da McRoberts, Murphy e in minima parte dallo stesso Gasol, che anche in difesa non sembra essere in serata di grazia, per usare un eufemismo. I problemi della squadra però non sono in difesa. Alla fine del primo tempo, i Kings segnano 49 punti, i Lakers solo 40, tirando con il 36% dal campo.
Per rimontare nel terzo quarto occorre il solito Kobe: una sua penetrazione chiusa con canestro e fallo, seguita da un fallo tecnico chiamato per proteste, innesca un parziale di 9-2 in cui anche i pessimi Fisher e Gasol partecipano attivamente. Il precoce quarto fallo di Pau però, in concomitanza con la assai curiosa scelta di coach Brown di mettere una frontline con Murphy e Walton (sì, proprio lui) a subire le angherie della coppia Cousins-Hickson, vanifica la rimonta e restituisce a Sacramento un comodo vantaggio. Il motivo di inserire Walton contro questo tipo di lunghi giovani e atletici sfugge, il motivo di lasciarlo in campo per cinque minuti filati mentre dal -5 si precipita a -14 (64-78), con Cousins talmente esaltato dal dominio sotto canestro da battere il cinque a tutta la prima fila tornando in difesa, sfugge ancor di più.
Nel quarto quarto si rivede in campo un quintetto accettabile, che balla tremendamente in difesa ma che riesce a produrre tiri a più alta percentuale in attacco. In generale la prima metà dell’ultima frazione è caratterizzata da un allentamento della pressione difensiva su entrambi i lati del campo, ma è la difesa dei Kings a rasentare l’imbarazzante. World Peace non molla un colpo, il redivivo Barnes contribuisce con tanti hustle plays, i Lakers senza sforzarsi troppo tornano sotto fino al -2 sull’89-87. Negli ultimi minuti finalmente sale il livello di intensità fisica, ed è questa la condanna definitiva per i Lakers. Fisher viene misteriosamente lasciato in campo contro Evans che gli scappa via a piacimento, Gasol continua a farsi umiliare da un Cousins esaltato, Kobe è stanco (fisicamente o psicologicamente?) e non prende più un tiro. I Lakers crollano. 100-91 Kings.
G.m.