Semifinale: USA vs. Argentina 109-83


 

Passeggiata del team USA sugli argentini: è finale

 

Non c’è storia neanche in semifinale: nessuno sembra in grado di fermare la squadra che non vuole farsi chiamare Dream Team ma che di sicuro fa sognare. Non che gli avversari non ci provino, anzi spesso danno vita a prestazioni di grande cuore e sacrificio come stasera, ma la sensazione netta è che ci sono quei tre minuti in cui viene scavato il solco e non è più possibile rimontare.

 

Gli argentini in avvio mettono subito in atto un piano difensivo che alterna azioni a uomo ad azioni a zona con principi di box and one (un uomo che segue Durant e gli altri quattro a zona) o di semplice 2-3. Per non sbagliarsi, gli USA partono con l’acceleratore schiacciato a tavoletta ed una grande pressione e precisione dall’arco. Uno tra tutti spicca per cattiveria agonistica: è il nostro Kobe, in cui le motivazioni di una semifinale contro i rivali sudamericani si sommano alla grande esaltazione per la firma di Howard. Il Mamba parte con tre triple nei primi 5 minuti a cui aggiunge una schiacciata rovesciata da sfoderare solo nelle occasioni migliori. E del resto che non è una giornata come le altre lo si capisce anche dallo sforzo difensivo e dal tuffo a metà campo per recuperare una palla vagante.

 

Guidati dal numero 24, anzi dal numero 10, il team USA allunga facilmente sul 15-4. Coach Llamas chiama timeout e scuote i suoi, riesce a togliere un po’ di ritmo agli avversari e riapre la partita. Prigioni e soci attaccano con spaziature eccellenti, Scola sale di colpi, la precisione dall’arco (fondamentale se si vuole battere gli Stati Uniti) si mantiene alta. L’uscita dal timeout si accompagna dunque ad un contro-parziale di 13-4 che riporta l’equilibrio nel finale di primo quarto.

 

Nel secondo quarto, come già accaduto nella partita giocata 4 giorni prima nell’ultima gara del girone eliminatorio, la second unit argentina un po’ a sorpresa tiene botta, anche perchè Llamas saggiamente decide di lasciare in campo Ginobili a orchestrare l’attacco e dare la giusta leadership per consentire loro di restare a contatto. Le difese però non brillano. Se quella americana va spesso in bambola contro la splendida circolazione di palla albiceleste, quella argentina si fa battere spesso e volentieri dai tagli di James, imbeccato più volte da Paul. Il punteggio è in sostanziale equilibrio anche alla fine del secondo periodo, chiusosi con la tripla del solito Manu servito dall’idolo Campazzo.

 

L’inizio di terzo quarto non è granchè da parte di team USA. L’attacco in particolare appare statico, tutti restano fermi, ogni tanto qualcuno porta un blocco casuale sulla palla, nessuno riesce a peentrare la difesa chiusa e i tiri sono a bassa percentuale. Dal 51-46 in poi però le cose cambiano. E cambiano, fateci caso, quando in due azioni consecutive LeBron James va a prendersi la palla dalla rimessa e a spingere forte per alzare all’improvviso i ritmi e prendere tiri nei primissimi secondi. Da queste due azioni nascono due triple di Durant; un paio d’azioni dopo ancora James schiaccia a difesa schierata subendo anche il fallo e l’equilibrio si spezza in maniera definitiva.

 

L’Argentina ha infatti l’esigenza di preservare energie tenendo conto della finale per il bronzo che li aspetta domenica. Essendo una squadra ad età media alta e con pochi ricambi di livello che deve affrontare la Russia alla ottava partita in 14 giorni ci sta che nel quarto quarto molli tutto e lasci agli americani il proscenio. Proscenio occupato alla grande da Anthony (3 triple in 40”) e da tutti gli altri che, tra un frizzo e un lazzo, si ritrovano in un battito di ciglia sul +25. Unica nota stonata: lieve distorsione per Westbrook, potrebbe saltare la finale.

 

Finale che verrà disputata alle ore 16 di Domenica contro la Spagna dei Gasol, di Ibaka e di tutti gli altri. Finale annunciata, gli iberici sono l’avversario più ostico per il team USA, ma non temiamo di essere smentiti quando diciamo che in questo momento l’oro è in mano ad una squadra e una soltanto, che potrà anche perdere un quarto, ma non sembra in grado di poter perdere una partita contro nessuno.

 

 

 

 

g.m.


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