Era una foto su American SuperBasket, e avevi un cappellino degli Hornets che ti è rimasto addosso meno di un giorno.
Era un sabato pomeriggio su Telepiù2, l’esordio di Shaq contro i Suns, ed eri un ragazzino magro che quel giorno non mise piede in campo.
Era un giorno di maggio del 1997 mentre in lacrime ti facevi consolare da Malone dopo aver sparato tre airball in una gara5 decisiva.
Era una notte, quasi alba, torrida di giugno quando in un supplementare a Indianapolis ci hai fatto vedere chi sarebbe stato l’unico e vero erede di Jordan, a dirci con quelle mani di stare calmi, perché quella partita ce l’avresti vinta tu.
Era un lunedì mattina insignificante del 2006, fino a quando aprendo nba.com non abbiamo letto che ne avevi messi 81, e che erano serviti tutti per vincere la gara.
Era l’estate del 2007 quando ci avevi fatto credere che non ti avremmo più rivisto con la tua corazza gialloviola. Era l’alba caldissima del 18 giugno 2010 quando ti abbiamo visto esultare sul tavolo come Jordan, indicare che erano 5, mentre ci abbracciavamo in salone come se avessimo giocato noi.
Era un’altra alba, stavolta gelida, quando due anni fa ci siamo svegliati e abbiamo letto che ti eri rotto il tendine d’achille, e avevamo pensato che non ti avremmo mai più rivisto in campo.
È una notte come tante oggi, mentre siamo svegli per vedere una partita che si ferma a metà secondo quarto, e un palazzo che ti rende il giusto tributo insieme agli avversari.
Diciotto anni vissuti insieme, dal primo all’ultimo.
14/12/2014: Kobe Bryant supera Michael Jordan e diventa il terzo miglior realizzatore di tutti i tempi nella vittoria dei Lakers sul campo dei T’Wolves 100-94.
Con i suoi 26 punti Bryant arriva a quota 32,310.