Luke is back in town


Dopo due stagioni disastrose è finalmente finito l’incubo Byron Scott sulla panchina dei Lakers, e, neanche a farlo apposta, il giorno del licenziamento è coinciso con  il nostro 25 Aprile, giorno della Liberazione. Nelle ore immediatamente successive all’annuncio iniziarono a circolare già le prime voci sui possibili candidati alla sostituzione: su tutti Luke Walton ed Ettore Messina. Quattro giorni dopo viene fissato il meeting con Walton, durante la pausa tra il primo e il secondo round di playoff, visto l’impegno contrattuale da assistente allenatore che lo lega ai Warriors. I noti insider hanno fatto sapere che il meeting è durato circa sei ore nelle  quali l’ex Lakers ha destato un’impressione positiva oltre ogni aspettativa, togliendo immediatamente ogni dubbio al front office. Poche ore dopo è arrivato l’annuncio  dell’ingaggio: sarà Walton il nuovo allenatore dei Lakers. È sempre stata la prima scelta sulla lista della dirigenza per il dopo Scott, tant’è che a fine incontro Kupchack e Jim Buss hanno deciso di non procedere con i colloqui agli altri candidati.
Nella decisione della dirigenza ha inciso sicuramente anche la carriera quasi decennale di Walton in maglia gialloviola, con la quale ha portato a casa i due anelli dell’era Bryant-Gasol. Si resta quindi in famiglia, preferendo una personalità che conosca bene l’ambiente, ma è indubbiamente una scelta che va in una direzione diversa dalla precedente.

Un’inversione di rotta, con la quale il front office finalmente ha fatto capire di aver realizzato la necessità di dover stare al passo con i tempi, vista ad esempio la filosofia di gioco espressa dai Warriors campioni in carica.

Quando si pensa al Walton giocatore la prima cosa che viene in mente non è la tecnica sopraffina o le doti balistiche abbinate a numeri roboanti che portava in campo, tutt’altro, il suo pregio è sempre stata la grandissima comprensione del gioco che l’ha contraddistinto da subito, tanto da diventare uno dei preferiti di coach Phil Jackson, e uno dei pochi eletti a saper interpretare alla perfezione la famosa Triple Post Offense di Tex Winter.

La carriera in panchina per Luke comincia durante il lockout del 2011, quando viene assunto dalla University of Memphis come vice-allenatore, anche se si trattò di una brevissima parentesi, giusto il tempo necessario all’associazione giocatori Nba di raggiungere un accordo per il nuovo CBA. Un anno dopo divenne player development coach dei Los Angeles D-Fenders; ma l’esperienza più importante e più remunerativa per i successi raggiunti è senz’altro quella avuta nella Bay Area, alla corte dei Golden State Warriors e di Steve Kerr, dove alla collezione di due anelli da giocatore ha aggiunto anche il primo da allenatore.
È la seconda stagione su quella panchina però a metterlo definitivamente sotto i riflettori e a consacrarlo come uno dei migliori allenatori emergenti. A inizio campionato 2015-2016 Steve Kerr per problemi di salute non ha potuto seguire da vicino la squadra, Walton venne quindi nominato interim coach per le prime 43 partite di regular season, e portò i Warriors a registrare la miglior partenza Nba di sempre, con il record di 24-0 dopo due mesi di stagione, guadagnandosi anche il premio di coach del mese in ottobre e novembre. Al ritorno di Kerr in panchina il record dei Warriors segnava 39-4, probabilmente in molti si saranno chiesti se Walton avesse avuto realmente dei meriti o se stesse semplicemente guidando un giocattolo fatto e finito per vincere, esente da difficoltà. Ma uno spogliatoio di quel calibro e un palcoscenico del genere va pur sempre gestito, e il pregio che gli è sempre stato riconosciuto, soprattutto da Kerr, è stata la capacità di instaurare fin da subito un ottimo rapporto di fiducia con i giocatori nei due anni a San Francisco, un mutuale rispetto che la dice lunga sul personaggio in questione, soprattutto considerando che si trattava della prima vera esperienza da allenatore.

Adesso però è arrivato il momento più importante della sua carriera: per affermarsi definitivamente il figliol prodigo torna a casa per prendere in mano dei Lakers reduci da tre stagioni di lottery e dalla peggior stagione di sempre. Un progetto interessantissimo a medio-lungo termine, che raccoglierà i suoi frutti in non meno di tre stagioni. Tanti giovani in mano a un coach giovane, da crescere assieme, sicuramente non una scelta conservativa, ma la migliore che si potesse fare visto il periodo storico della franchigia, impossibilitata a contendere per il titolo nell’immediato.
Il compito principale di Luke sarà quindi quello di garantire il miglior sviluppo possibile dello young core lacustre. Giovani per cui ha già speso belle parole, e per i quali si dice estasiato.

Oltretutto un coach che parlasse di basket giocato a L.A. mancava da troppo tempo ormai e si iniziano a fare già innumerevoli ipotesi su come questi Lakers possano crescere per adattarsi a un gioco molto simile a quello proposto dai Warriors: un attacco up-tempo, dove viene prediletta la transizione, a ritmi alti e soprattutto dallo sfruttamento del tiro dall’arco – quello con cui, secondo Byron Scott, non si vincono i titoli… -, che regalerà sicuramente i suoi frutti, ma quantomeno farà divertire e sobbalzare sulla sedia tanti tifosi che di bello negli ultimi anni non hanno visto proprio nulla.

In tal senso potrebbe già vedersi una buona espressione di gioco sin da subito, visto che il materiale umano a roster consente di sfruttare un attacco a tutto campo, e che vede già in Russell e Clarkson (e probabilmente Ingram) dei solidi tiratori dall’arco, con quest’ultimo che ha già fatto sapere di voler lavorare ulteriormente sul tiro da fuori, aspetto che già durante la scorsa offseason migliorò molto, mentre Russell dovrà necessariamente lavorare sul fisico per aumentare leggermente in
esplosività. Un altro aspetto interessante sarà vedere quanto ne gioverà Julius Randle da un attacco simil-Warriors, e in merito si è già espresso Walton, che ha già fatto sapere senza troppi indugi che Randle potrebbe rivelarsi il Draymond Green dei Lakers, ovviamente con le dovute proporzioni, vista la combinazione di velocità-agilità di cui dispone e la predisposizione a mangiarsi il campo con tre falcate dopo un rimbalzo difensivo. Ad oggi però queste abilità sono ancora abbinate a una
scarsa comprensione del gioco e a un tiro ancora poco efficace. Gli obiettivi principali del nostro #30 questa offseason sono quindi ben chiari, e sotto questo profilo gli allenamenti previsti con Green quest’estate potranno solo fargli bene.

Quindi il secondo compito più importante per Luke Walton sarà quello di mettere in vetrina la squadra, di farla tornare sulla cartina geografica della lega, di acquisire nuovamente rispetto, perché si dovrà necessariamente passare da buone regular season e da qualche apparizione ai playoff prima di tornare appetibili in free agency e di conseguenza per tornare ai ranghi di contender.

Walton dovrà completamente rivoluzionare le abitudini tecniche della squadra, passando ovviamente dall’attacco più orribile della lega; alcune statistiche possono  venirci in aiuto, giusto per rendere meglio l’idea di cosa non sia stato costruito negli ultimi anni a El Segundo:

• I Lakers sono 30esimi per effective FG% e per true shooting%, l’attacco più inefficiente in circolazione;

• 29esimi per numero di triple tentate dall’angolo, sintomo di una scarsissima circolazione di palla, e tra le prime della lega per triple tentate 1vs1 in isolamento.
In tal senso la filosofia di gioco che implementerà Walton aiuterà moltissimo a migliorare queste carenze;

• Nelle voci riguardanti la qualità della circolazione palla siamo riusciti a fare se possibile ancora peggio. Ultimi in praticamente tutto: assist, percentuali di
possessi terminati con un assist, frequenza di situazioni di catch&shoot, passaggi totali a partita e tocchi di palla a partita;

• Primi della lega per frequenza di isolamenti, e tra gli ultimi per efficienza; la più alta frequenza di pick&roll che finiscono con un tiro del portatore di palla,
e, al contrario, la più bassa frequenza di conclusioni che favoriscano il rollante dopo un gioco a due; e per chiudere, 30esimi anche per frequenza di situazioni di
spot up.

Insomma, ci vorrà tanta pazienza, si dovranno ingoiare anche bocconi amari, ma in ogni caso essere circondato da un ambiente che ripone piena fiducia in lui può essere solamente un plus, soprattutto dal punto di vista umano.
La prossima stagione sarà quindi fondamentale per valorizzare il roster al massimo, ovviamente non potrà fare miracoli, e soprattutto non potrà fare tutto da solo, anche i giocatori dovranno metterci del loro, si dovrà lavorare molto sull’attitudine difensiva, pressoché inesistente nelle passate stagioni. Gli obiettivi della dirigenza erano ben altri e l’aria che tirava non ha certamente aiutato in questo senso, ma le dichiarazioni di Clarkson, che ha affermato che la difesa sarà il focus
principale della sua offseason, sono molto incoraggianti in questo senso, la testa pare essere quella giusta, e i giovani non vedono l’ora di cominciare a lavorare con il nuovo coach.
Il vento sta cambiando, si intravede finalmente un percorso deciso, giusto e inevitabile sperando Walton sia l’uomo giusto per riportarci in alto.

Buon lavoro coach Luke!

 

 

T. R. aka Nique_21


Lakersland.it © 2006-2024