Ci risiamo: il 25 dicembre è alle porte ed anche quest’anno la NBA sarà l’assoluta protagonista del Natale. Ben cinque le partite in calendario: si incomincia alle 18 italiane con i Wizards di Beal e Wall di scena al Garden contro i derelitti Knicks; a seguire alle 20.30 (stranamente anche su SkySport ) gli Spurs ospitano i Thunder; sempre su Sky alle 23 il ritorno di James a Miami. Nella notte alle 2 i Lakers affrontano i Bulls ed alle 4.30 chiude il programma la sfida tra Clippers e Warriors alla Oracle Arena.
La tradizione trova le sue origini nel lontano 1947, quando il visionario Maurice Podoloff, un ebreo di origini russe, primo commissioner della NBA, nel tempo libero grosso amante del football e dell’hockey, decide di rubare proprio al suo sport preferito l’abitudine di vedere in campo i migliori giocatori in un giorno di festa per tutti gli Stati Uniti.
La NFL, infatti, sin dal 1920 manda in campo due squadre nel Giorno del Ringraziamento e così il buon Maurice pensa bene di inserire nel calendario della allora Basketball Association of America, la BAA, che nel 1949 sarebbe diventata la nostra NBA, le prime 3 partite nel giorno di Natale.
Nemmeno nella più ottimistica delle previsioni, l’avvocato Podoloff avrebbe potuto immaginare che in 60 anni la NBA sarebbe diventata l’unica lega professionistica ad andare in campo regolarmente nel giorno di festa più comune al mondo, fornendo un prodotto tradotto in 47 lingue, capace di tenere incollati davanti alla televisione oltre 35 mila milioni di americani e trasmesso in 215 paesi del resto del mondo.
Allo stesso modo il primo boss della Lega non avrebbe mai pensato che la Nike, che nel ’47 non era ancora nata, avrebbe cerchiato sul calendario negli anni quell’appuntamento come la grande occasione per lanciare i modelli più cool e da collezione di scarpe: dalle versioni “Grinch” alle Kobe IX rosse di quest’anno che avranno uno speciale messaggio di auguri a forma di serpente.
Sono 3 le partite in programma per il Natale 1947.
Al Madison Square Garden,MSG III, l’impianto avveniristico progettato dall’architetto Thomas W. Lamb, autore di teatri sparsi in mezza America inaugurato nel 1925 e chiuso nel 1968, si affrontano i Knicks ed i modesti Providence Steam Rollers, 6 vittorie e 42 sconfitte al termine dell’anno. New York sbriga comodamente la pratica, vincendo 89-75, grazie ai 19 punti dell’allora leader ed All Star Carl Braun.
Nel frattempo i Washington Capitols, guidati dal futuro hall of famer Red Auerbach, sconfiggono comodamente i St. Louis Bombers. A Baltimora, invece, è in calendario l’incontro tra due delle candidate al titolo, Bullets contro Chicago Stags. Anche qui, vittoria comoda dei padroni di casa per 87-70.
L’idea è buona, ma andrà perfezionata nel corso degli anni.
Da allora, la NBA ha organizzato partite il giorno di Natale ogni anno, tranne che nel 1998, quando il primo lockout della storia ha cancellato più di metà stagione.
Alle origini, il calendario del 25 dicembre è dettato per lo più da ragioni geografiche cosicché le fortunate scelte per scendere in campo sono chiamate ad affrontare rivali di città vicine per permettere ai giocatori di passare più tempo con le famiglie, nonostante l’impegno sportivo.
Coach Dr. Jack Ramsay, leggendario allenatore dei Blazers dal 1977 al 1986, l’unico ad aver portato l’anello nella città dell’Oregon, amava ripetere ai suoi giocatori che il copione del suo Natale ideale prevedeva “restare a casa con la famiglia, scartare i regali ed avere in calendario una partita assolutamente da vincere”. Sono ben 11 vittorie nella partita di Natale di Mr. Ramsay, record ogni epoca eguagliato da Phil Jackson nel 2008.
I Knicks sono la squadra scesa in campo più volte nel giorno di festa, ben 49 su 67 totali, saltando appena 18 appuntamenti. L’ultima partita dei Knickerbockers, terminata 94-123 per i Thunder, è anche la peggiore sconfitta casalinga nella storia NBA a Natale. New York, contemporaneamente, detiene il record di maggior numero di vittorie,22 e di sconfitte, 27.
Nella partita di Natale del 1984 Bernard King, newyorkese purosangue, probabilmente il più forte, sicuramente il più amato giocatore di NY, mette a segno 60 punti nella sconfitta natalizia nel derby con i Nets.
Il “Re” di Brooklyn amava le partite di Natale, perché, diceva “non sono solo i fans dei Knicks a stare incollati davanti alla tv, ma anche i non appassionati di pallacanestro, i giocatori e gli allenatori”.
Quel giorno New York si trova per ben due volte in vantaggio di 16 punti. All’intervallo il punteggio è 64-54 per i padroni di casa ed il coach dei Nets San Albeck, analizzando con i suoi giocatori e lo staff le statistiche, nota che Bernard ha già 40 punti, mentre tutti i suoi compagni 2 o 3. Il piano partita del secondo tempo è semplicemente perfetto e, guidati dai 36 punti di uno straordinario Micheal Ray Richardson, ( visto pure dalle nostre parti a Bologna, sponda Virtus ed a Livorno ) che in quell’anno di grazia riesce nell’impresa di tener fuori dagli All Stars della Eastern Conference nientemeno che Jordan, i Nets ribaltano l’incontro portando a casa la W: 120-114 il finale.
Nei due anni successivi il proscenio lo prende Patrick Ewing che, nel 1985 guida i suoi Knicks dal -25 alla vittoria contro i Boston Celtics ed ancora nel 1986 batte Jordan con un buzzer beater.
Il rapporto dei Lakers con la partita di Natale ha origine nel 1949, anno della seconda stagione in NBA della franchigia, quando al Minneapolis Auditorium, davanti a 10 mila spettatori, i giallo viola ( ai tempi giallocelesti ), guidati dalla prima superstar della storia NBA George Mikan ospitano, vincendo comodamente con il punteggio di 72-58, i Fort Wayne Pistons ( sì, proprio quei Pistons contro i quali la stagione seguente gli stessi Lakers avrebbero giocato la partita di basket terminata con il più basso punteggio nella storia del gioco, 19-18 per Fort Wayne, nonostante 15 punti di uno scatenato Mikan).
Da allora i Lakers giocano a Natale ben altre 40 volte, con un record complessivo di 21 vittorie e 19 sconfitte, secondi solo dietro i Knicks per numero di impegni natalizi.
Ciononostante le franchigie di NY e Los Angeles si sono affrontate soltanto due volte in quella data ed, in entrambe i casi, hanno trionfato i Lakers.
Nel primo meeting del 1963 l’esigente pubblico del Madison è costretto a fare i conti con il duo formato da Mr. Logo Jerry West autore di 47 punti ed Elgin Baylor 27: gara mai in discussione e vittoria facile dei Lakers per 134-126.
Dopo ben 49 anni, allo Staples, nel Natale 2012, i Lakers di Mike D’Antoni, illudendo tutti di essere sulla buona strada, raggiungono, per la prima volta in stagione, il 50% nella casella vittorie/sconfitte grazie al convincente successo 103-97 sui buoni Knicks di quel periodo.
Quel giorno Kobe che, con 34 punti diventa il miglior marcatore di sempre a Natale, accoglie i suoi compagni facendo trovare nello spogliatoio dello Staples dei regali accompagnati “From Kobe Merry XMas 2012”. Howard, per ringraziare, convince gli altri destinatari dei doni di Babbo Bryant ad accompagnare Lawrence Tanter, durante la presentazione di Kobe, con il coro “Mamba! Mamba!”.
Meno divertente, invece, è il piano partita difensivo di Mike D’Antoni che manda Darius Morris sulle tracce di Carmelo Anthony. Il risultato, 5 punti dei primi 7 portano proprio la firma di Melo ed il Baffo è costretto presto a rivedere la propria strategia dopo appena una manciata di possessi.
Con la gara di quest’anno a Chicago per la sedicesima volta consecutiva i Lakers saranno impegnati il 25 dicembre, come pure 16 sarà il numero di partite natalizie giocate da Bryant, nessun altro giocatore è stato impegnato così tante volte sotto l’albero ( a 13 sono fermi Shaq, Earl Monroe e Dolph Schayes) ed ha segnato tanti punti, 383 contro i 377 di Oscar “Big O” Robertson.
Eppure la storia di Kobe nelle sfide di Natale inizia maluccio quando, nel 1996, l’allora diciottenne con il numero 8, gioca appena 5 minuti senza segnare alcun punto nella vittoria per 108-87 dei Lakers, guidati dai 26 del neo arrivato O’Neal sui Suns.
Nel 1999, i Lakers si presentano alla sfida con i campioni in carica di San Antonio, davanti ad uno Staples gremito, cavalcando una striscia di 7 successi consecutivi.
Quella sera Shaq, alle prese con problemi di falli nello scontro con le Twin Towers, Robinson e Duncan, è comunque in grado di piazzare 32 punti conditi da 11 rimbalzi e 5 stoppate; Kobe, da poco rientrato da un infortunio alla mano, litiga per tutta la partita con il canestro, sbagliando 12 delle sue 19 conclusioni, ma piazza la giocata della partita: un gioco da 3 punti con schiacciata sulla testa di Jaren Jackson che vale il massimo vantaggio 85-77, a 5’ dal termine.
A fare la differenza, ci pensa il supporting cast guidato da un ottimo Glen Rice, autore di 25 punti e dal solito ineffabile Robert Horry che, sentendo l’odore della grande sfida, contribuisce con 12 punti, 5 rimbalzi e le solite giocate difensive che non finiscono nel box score.
L’incontro termina 99-93.
“Non è stata una bella partita, ma è sicuramente una grande vittoria perché i ragazzi hanno capito che, dopo lo sweep subito lo scorso anno, possono battere gli Spurs. Ci tornerà sicuramente utile più in là con il proseguo della stagione”, il commento di Phil Jackson negli spogliatoi. Come sempre aveva ragione lui ed a fine stagione, dopo un digiuno durato 12 lunghissimi anni, il Larry O’Brian Trophy torna nella sua casa sulla West Coast.
Altrettanto magica ed importante è la vittoria del 2007 per 122-115contro i Suns, acerrimi avversari di quelle stagioni. La campagna gialloviola, per la verità, è iniziata negativamente sull’onda della richiesta estiva di trade di Kobe che ha turbato parecchio i tifosi. Invece, proprio nel periodo natalizio quei Lakers mostrano al loro leader, ma soprattutto a tutta la Lega di essere finalmente tornati competitivi.
Bryant chiude l’ennesima giornata in ufficio con 38 punti, 26 dei quali segnati nel secondo tempo; il ventenne Andrew Bynum domina ripetutamente Amar’e Stoudemire, 11/13 dal campo, 28 punti, 11 rimbalzi e 4 assist. Fisher, appena rientrato dalle esperienze ai Warriors ed ai Jazz, termina con 19, Lamar Odom con 15 e 14 rimbalzi. Quel giorno il pubblico dello Staples conosce pure Trevor Ariza che, arrivato in punta di piedi da poco meno di un mese da Orlando, esordisce per la prima volta in quintetto, chiudendo con 14 punti ed una schiacciata stellare sulla testa di Grant Hill, Steve Nash, Sarver e tutti i tifosi di Phoenix.
L’anno seguente al 1111 di Figueroa St. si presentano i Celtics in striscia di 19 successi e che non più tardi di 6 mesi prima si sono laureati campioni battendo alle Finals proprio i Lakers. La partita è molto più di una semplice gara natalizia.
Per la prima volta si affrontano il 25 dicembre le due franchigie più vincenti ed importanti della NBA; ciò rende l’evento un antipasto imperdibile della possibile Finale oltreché la rivincita di quella appena giocata.
La partita è vibrante ed i Celtics danno l’impressione di essere ancora sottopelle ai Lakers, potendone disporre quasi a piacimento. Los Angeles allunga nel secondo quarto, ma Boston rientra facilmente, quasi scherzando con le riserve, un film già visto purtroppo in gara 4 del 2008.
In realtà, come raccontato da Jackson nel post partita, i Lakers sentono moltissimo la sfida tant’è che in estate, sin dall’uscita del calendario NBA, Kobe dal ritiro Olimpico aveva iniziato la preparazione mentale per quel giorno torturando i suoi compagni con il pensiero fisso di vendicare la cocente sconfitta di gara 6 a Beantown.
Si arriva punto a punto nel finale ed a fare la differenza ci pensano i canestri di Gasol e Bryant che fanno letteralmente esplodere i 18.997 spettatori dello Staples. Termina 92 a 83, Jackson scollina le 1000 vittorie in carriera, ma soprattutto i Lakers si tolgono dalle spalle la pesante scimmia verde dalle sembianze celtiche.
Meno memorabili delle precedenti, invece, sono le partite di Natale con il ritorno di Shaq da avversario in maglia Heat. Troppo grande il divario tra le due squadre e troppo solo Bryant per provare ad opporre resistenza. A dire il vero, in quella che è stata la più attesa partita di regular season della stagione 2004 (e forse della storia recente della NBA), grazie ai 42 del Mamba, i Lakers sfiorano l’impresa arrivando ad un tiro dall’ upset.
Non altrettanto equilibrate le altre sfide con gli Heat che seguono nel 2005 e 2006, tutte dominate dalla squadra di Riley.
Diverse le squadre, ma uguale l’esito pure nel 2010 e nel 2013 quando sempre gli Heat, questa volta dei Big 3 Bosh, James e Wade, vincono comodamente: Lakers eccessivamente disinteressati nel primo caso, troppo scarsi nell’ultimo.
Da dimenticare pure la sfida ai Cavs del 2009, terminata tra l’isteria generale con l’espulsione di Odom ed il lancio di ditoni in campo dal terzo anello dello Staples in segno di protesta verso un arbitraggio apertamente schierato pro ospiti.
Nel giorno di Natale di quest’anno i Lakers saranno di scena allo United Center di Chicago per affrontare i Bulls di Rose, Butler e Noah. Non sarà la prima sfida natalizia tra le due squadre .
Infatti, nel 2011 Chicago ha sbancato lo Staples proprio il 25 dicembre, con un canestro del futuro MVP Derrick Rose che, dopo una palla persa malamente da Gasol, scherza con una finta Derek Fisher e punisce il debole aiuto del catalano: game, set & match.
In una stagione avara di interesse, che si trascina lentamente verso la seconda metà con poche aspettative ed emozioni, per la prima volta dal febbraio 2008, i Lakers ritroveranno da avversario Pau Gasol.
Sarà l’occasione giusta per raccontarsi una di quelle storie agrodolci di Natale, mettendo alle spalle gli ultimi momenti bassi e ricordando, invece quelli alti, 7 stagioni insieme in gialloviola, 429 partite, soprattutto 3 Finali e 2 anelli indimenticabili.
Da tutta la Redazione l’augurio di un Buon Natale, sperando che Santa Claus ci regali al più presto, nuovamente, dei Lakers forti e competitivi.
(f. r.)