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Il topic del Tennis


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sbagli, sono anche suo tifoso.    ma non mi piace il modo italiano di affrontare queste questioni quando c'è, appunto, un italiano famoso in mezzo. noi che diamo dei dopati a qualsiasi atlet

Io per farci godere al meglio uno degli ultimi anni di LeBron chiederei a Silver di toglierci il contratto di Westbrook dal cap dei Lakers

un vero peccato che non ci sia il siringato di Manacor...che stia cercando in rete le nuove protesi al titanio radioattivo per il trapianto di ginocchio?

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  • 2 months later...

E finalmente l'ho visto. Dal vivo, intendo, non in televisione. A Roma, tra i pini del Foro Italico - il più bell'impianto sportivo del mondo. Di notte, illuminato dal tungsteno dei riflettori, con i gabbiani bianchi che volteggiano nel cielo. Ho visto Roger Federer giocare a tennis. Ho visto la straordinaria eleganza che lo accompagna fin da quando entra in campo e saluta, prima ancora che abbia tirato un solo colpo. Ho visto la serenità che copre ormai definitivamente il ruggito interiore che di certo c'è ancora, dentro di lui, e che da adolescente aveva messo a rischio la sua carriera per le intemperanze che produceva, ma che ora non si manifesta più. Ho visto la sua perfezione. Perché il discorso è questo: egli è perfetto. E stato già detto, ma vale la pena ripeterlo: Roger Federer è il numero I anche quando, come adesso, è il numero 2 - e anzi, poiché il tabellone degli Internazionali d'Italia è stato fatto prima che recuperasse la seconda posizione, è il numero I anche quando è testa di serie numero 3. Si mette a giocare, ed è come se la sua persona - quelle spoglie mortali che lo rendono cosi biologicamente simile a tutti noi - sparisse.Al suo posto c'è il Tennis. C'è la stessa ragion d'essere di questo sport nobilissimo e ricco di padri gloriosi, al quale però è mancata per oltre un secolo una vera, definitiva incarnazione. Adesso c'è, ed è lui, e io lo sto vedendo per la prima volta dal vivo. E stato già detto anche questo, ma vedendolo dal vivo risulta davvero lampante: che il suo colpo vada a segno o che venga contenuto dall'avversario, o che, addirittura, vada fuori, o in rete, dal punto di vista tennistico è irrilevante. Non c'è un suo diritto che non sia Il Diritto, rovescio che non sia 11 Rovescio, volée che non sia La Volée: e questo è quanto. Che porti o no a casa il quindici, è irrilevante; che porti o no a casa il game, il set, la partita o tutto il campionato, è irrilevante. Tu lo guardi giocare e vedi il Tennis in purezza, cosi come nessun manuale, nessun maestro, nessun campione e anche nessun fuoriclasse della storia ha mai potuto fare. E nato cent'anni dopo l'invenzione del suo sport, eppure l'ha inventato lui - e questo la gente lo sente, lo capisce. Il pubblico non fa il tifo per lui, lo adora. «Roger, sei un Dio!», gli grida una voce coatta dagli spalti del centrale. Il coatto ha ragione: se gli sport hanno i loro dei, Federer è il Dio del tennis. E molto semplice, in fondo. E la cosa più semplice del mondo. E una vera divinità. E fatto di vuoto, cioè della stessa materia invulnerabile che tiene insieme l'universo, che l'ha creato e che lo distruggerà. E se capita che perda una partita, batterlo non è bestemmiarlo, ma un altro modo di venerarlo. Averlo di fronte, di là dalla rete, rende umili e giusti. Saperlo al mondo, nell'atto quotidiano di allacciarsi le scarpe per entrare in campo, ci rende tutti fratelli.

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“Ehi, mi reggo ancora in piedi”. Con queste parole, pronunciate sorridendo, quasi tre anni fa, Brian Baker, tennista americano classe 1985, rispondeva ad una domanda del giornalista del New York Times Geoff Macdonald, il quale gli chiedeva se non si sentisse truffato per aver subito così tanti infortuni, che gli hanno tappato le ali, impedendogli di avere una carriera potenzialmente straordinaria. All’epoca Brian, nativo di Nashville, era studente all’università di Belmont in California, dove aveva anche il ruolo di assistent coach di Jim Madrigal nella squadra di tennis. Quasi tre anni dopo, lo ritroviamo qualificato per il tabellone principale del torneo di Nizza, con già in tasca una wild card per il Roland Garros.

 

La storia di Baker, con il passare del tempo, si sta trasformando sempre più in una di quelle favole hollywoodiane, che dopo tante sofferenze vedono il protagonista trionfare, contro tutti e contro tutto, grazie alla perseveranza ed alla voglia di lottare. Nei primi anni 2000, il giovane Brian era considerato uno dei giovani più promettenti del mondo: numero due nel ranking juniores, campione dell’Orange Bowl 2002, finalista al Roland Garros junior 2003, quarti-finalista a Wimbledon e Us Open dello stesso anno. I rivali dell’epoca, erano nomi, che avrebbero popolato le cronache dei giorni nostri: Monfils, Wawrinka, Tsonga, Baghdatis, Berdych, tutti futuri campioni che Baker batteva quasi sempre . I risultati straordinari spinsero il ragazzo del Tennessee a prendere una decisione importante: rifiutare le offerte dei college ed iniziare immediatamente la carriera da pro.

 

L’esordio nel circuito minore fu ottimo e nel 2002 arrivava, precoce, anche la prima volta nel circuito Atp, contro Wayne Ferreira a Indianapolis. La crescita di un tennista è un percorso lungo e delicato, ma Brian è un predestinato e nel 2004, primo anno a tempo pieno tra i grandi, arrivava il primo titolo challenger a Denver, a soli 19 anni, ed il conseguente best ranking al numero 172. Ma la vera gloria doveva ancora bussare alla porta: agli Us Open di quell’anno, il giovane Baker strappa un set al numero 4 del mondo Carlos Moya e l’anno successivo, nello stesso torneo, batte al primo turno il numero 9 del mondo, nonché ex campione del Roland Garros, Gaston Gaudio. L’americano è un giocatore ideale per il tennis moderno; per descriverlo ci affidiamo alle sue stesse parole: “Quando ho incontrato Djokovic, nel 2005, ho pensato di giocare contro un mio clone, ma lui era leggermente più veloce di me. Entrambi ci costruiamo il punto con il rovescio e giochiamo una ventina di rovesci lungo linea vincenti ogni partita. Quella volta vinsi io, ma fu una partita molto vicina. Penso di essere un giocatore che capisce ciò che succede in campo, oggi il gioco è più veloce, ma so notare ogni particolare e prevedere bene le cose.”

 

Sembrava l’inizio di una carriera sfavillante, il prossimo fenomeno del tennis a stelle e strisce muoveva i primi pesanti passi di una corsa ai primi posti. La sfortuna però era dietro l’angolo. Dopo la vittoria contro Gaudio, arrivò la rottura dell’anca ed il conseguente intervento chirurgico. Durante la convalescenza, Baker si concentrò nel potenziamento della parte superiore del suo corpo, ma come se avesse esagerato con il lavoro, si distrusse letteralmente il gomito e fu costretto a subire un intervento di ricostruzione molto delicato, chiamato Tommy John surgery, un tipo di operazione che si fa generalmente ai soli giocatori di baseball (“il mio dottore mi disse di aver operato circa 1300 giocatori di baseball, ma solo 5 o 6 tennisti”). Il recupero dopo un intervento del genere, fu lungo e travagliato, inoltre, come se non bastasse Baker fu costretto a sottoporsi ancora ad altre due operazioni all’anca. La carriera professionistica, dopo un tentativo di rientro in due challenger nel 2007, sembrava destinata a rimanere soltanto un sogno nel cassetto, per l’ormai 22enne Brian e a rendere ancor più amara la pillola c’erano i successi di molti di quei giocatori, che Baker batteva regolarmente in gioventù: “E’ stato durissimo dover rimanere fuori e vedere i ragazzi con cui vincevo, ottenere tonnellate di successi. Ma ho capito che non posso combattere, ciò che non posso controllare, così ho cercato di rimanere positivo e ho sperato che un giorno anch’io sarei stato capace di fare quello che facevano loro.”

 

Baker decise così di iscriversi a Belmont e di cominciare, partendo come assistente, la carriera da coach, per cercare di vivere con il tennis, nonostante la rinuncia alla carriera da pro. Con il passare del tempo però, il gomito e l’anca miglioravano e nel 2009, Baker ebbe la pazza idea di riprovarci: “Inizierò con il doppio e giocherò soltanto qualche set con i ragazzi della squadra. Tuttavia, se il gomito mi assiste, penso di avere ancora qualche anno buono da giocare.” dichiarava sempre nel 2009, ancora a Geoff Macdonald.

 

Due anni dopo, la decisione di provare a tornare a fare sul serio e l’iscrizione ad un futures in Pennsylvania, partendo dalle qualificazioni, senza ranking. “Mi sentivo come se avessi lasciato qualcosa in sospeso. Il mio corpo mi aveva costretto al ritiro, ma se lui me lo avesse permesso, avrei riprovato. La scorsa estate, ho iniziato a sentirmi meglio, così ho pensato di provare ad iscrivermi e vedere cosa succedeva”. Bè, successe che Baker vinse quel future, partendo dal tabellone cadetto, senza perdere nemmeno l’ombra di un set.

 

L’inizio della nuova vita di Brian: arrivò un altro trionfo in un futures, poi match dopo match la crescita anche a livello di ranking, fino allo scorso aprile e alla vittoria nel challenger di Savannah, proprio nel giorno del suo ventisettesimo compleanno. Grazie a quella vittoria, Baker ha ottenuto la wild card che lo riporterà per la prima volta in un tabellone slam, sette anni dopo, per la prima volta in un major diverso dallo Us Open. Per prepararsi all’evento l’ex promessa ha deciso di tentare, da numero 216 del mondo, le qualificazioni al torneo di Nizza. Obbiettivo centrato e oggi Brian Baker ha giocato, contro Stakhovsky (uno che da giovane batteva regolarmente) la sua diciassettesima partita nel circuito maggiore, a sette anni di distanza dalla sedicesima. E' arrivata anche la quinta vittoria (6-7 6-4 7-5), che gli permetterà di entrare tra i top 200 e di avvicinarsi al suo best ranking. ”Non mi sono ancora posto degli obbiettivi. Mi sto sentendo bene ed ho dimostrato a me stesso di poter giocare otto partite in una settimana. Se la condizione mi assisterà proverò ad avvicinarmi ai primi 150 al mondo, magari anche ai top 100.” ha dichiarato in una recente intervista al sito Atp.

 

E’ difficile immaginare dove potrà arrivare Baker, quasi sicuramente, a questo punto, non raccoglierà quanto il suo talento, senza gli infortuni, gli avrebbe permesso di raccogliere, ma la sua incredibile storia è l’esempio lampante di come l’amore per lo sport, possa andare oltre ogni tipo di difficoltà. “Non so se la mia storia possa essere una buona sceneggiatura per un film, ma sono entusiasta di avere un qualche successo nel mio secondo “giro”. Mi sento come se questa fosse la mia rinascita.”

 

Per la cronaca, ieri ha battuto Monfils, a Nizza.

 

Welcome back Brian...

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Guest Nigma

Grazie a Matrix della bellissima storia umana e a Bistecca della segnalazione.

 

ATP NIZZA - Inarrestabile Brian Baker: in finale contro Almagro

 

L´americano vince in rimonta la sua semifinale con Davydenko e ora, nell´ultimo atto, sfiderà il vincitore del torneo del 2011, vittorioso su Simon.

 

Atp Tennis 25 May 2012 - 11:20 / di Diego Scerrati / letto 495 volte.

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Non ho ancora visto una sua partita.

Se ne sente parlare un gran bene, ma io ci vado con i piedi di piombo.

 

Seguo il tennis da tantissimi anni ed è davvero molto triste che non siamo MAI riusciti a livello maschile nell'ultimo trentennio a sfornare un giocatore di alto livello.

Camporese, forse, era dotato del talento di giocatore di vertice (difatti entrò nei primi 20 in un epoca in cui il talento medio era alto ed ottenne anche vittorie di prestigio). Ma poi gli infortuni lo frenarono.

 

Anche se, molto probabilmente in questo caso, le premesse sono ben diverse io mi fido relativamente poco dei tornei juniores.

Ricordiamoci che Nargiso vinse il torneo di Wimbledon a livello juniores.

D-I-E-G-O N-A-R-G-I-S-O.

E non ricordo una carriera sfolgorante nel circuito professionistico. :facepalm:

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a me non sembra altro che un ulteriore prova che il tennis si sta avvicinando alla morte dopo il ritiro di roger,tutti pallettari maratoneti in fasce,poi mi sembra che c'abbi pure un allenatore spagnolo,una disgrazia.

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Guest Nigma

a me non sembra altro che un ulteriore prova che il tennis si sta avvicinando alla morte dopo il ritiro di roger,tutti pallettari maratoneti in fasce,poi mi sembra che c'abbi pure un allenatore spagnolo,una disgrazia.

 

Pure per l'italiano.

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Starace ha giocato un set quasi al livello di Djokovic, perso al tie 7-3.

Daje Potito!!! :ponpon

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Non ho ancora visto una sua partita.

Se ne sente parlare un gran bene, ma io ci vado con i piedi di piombo.

 

Seguo il tennis da tantissimi anni ed è davvero molto triste che non siamo MAI riusciti a livello maschile nell'ultimo trentennio a sfornare un giocatore di alto livello.

Camporese, forse, era dotato del talento di giocatore di vertice (difatti entrò nei primi 20 in un epoca in cui il talento medio era alto ed ottenne anche vittorie di prestigio). Ma poi gli infortuni lo frenarono.

 

Anche se, molto probabilmente in questo caso, le premesse sono ben diverse io mi fido relativamente poco dei tornei juniores.

Ricordiamoci che Nargiso vinse il torneo di Wimbledon a livello juniores.

D-I-E-G-O N-A-R-G-I-S-O.

E non ricordo una carriera sfolgorante nel circuito professionistico. :facepalm:

vabbè andiamoci piano. diego nargiso credo sia il miglior doppista che la coppa davis abbia mai visto in tutta la sua storia.

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vabbè andiamoci piano. diego nargiso credo sia il miglior doppista che la coppa davis abbia mai visto in tutta la sua storia.

Nargiso-Gaudenzi :sbrilluccico

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