Jump to content
Search In
  • More options...
Find results that contain...
Find results in...

Recommended Posts

Letta ha rimesso la Biancofiore alle pari opportunità :facepalm:

 

E aldilà del solito teatrino, parlando di cose serie, per sopperire al rinvio di 3 mesi dell'IVA, sobbarca nuovamente le aziende con IRPEF e IRES, un genio :asd da qui a Natale ci sarà da divertirsi :smiley-dance013:

Link to post
Share on other sites
  • Replies 14.3k
  • Created
  • Last Reply

Top Posters In This Topic

  • Valiero24

    1730

  • keitaro

    1679

  • COOPapERino21

    950

Top Posters In This Topic

Popular Posts

A me Berlusconi non piace, ma un minimo di persecuzione mi sa che c'è davvero... Se continuano così lo voto. Giuro.   Va bene che è un politico poco risolutivo e che non ha fatto tutto quello che g

Allora mettiamo qualche puntino sulle i perché sinceramente mi sono rotto di assistere a continui ribaltamenti della realtà.   La discussione è partita as usual tra me e Keitaro. Io dicevo di esse

Abbiamo smacchiato il giaguaro :D

Posted Images

Berlusconi in galera? A me piacerebbe vederlo in pizzeria

di Ascanio Celestini

 

Stavo alle Murate di Firenze, un carcere trasformato in biblioteca, quando è arrivata la notizia della condanna per Berlusconi. Qualcuno ha pure applaudito.

 

C’è una parte di questo nostro paese che vorrebbe vederlo in galera. Io no.

A me piacerebbe vederlo che taglia l’erba nei giardini pubblici, che fa attraversare gli anziani suoi coetanei sulle strisce, che ritinteggia le pareti delle scuole elementari…perché chi compie un reato, dopo che il reato è stato accertato, deve avere la possibilità di riparare.

 

Ho incontrato Mario in un carcere diretto da una signora intelligente che sta cercando di fare qualcosa di buono per i detenuti. Mario ha avuto la possibilità di seguire un corso di cucina nel carcere. Il cuoco che l’ha tenuto ha chiesto che Mario uscisse ogni giorno per andare a lavorare nella sua pizzeria. Quando i Carabinieri hanno saputo che in quell’esercizio commerciale lavorava un carcerato hanno incominciato a frequentarlo giornalmente per fare accertamenti cosicché, giorno dopo giorno, i clienti hanno incominciato a disertare la pizzeria. Il pizzettaio s’è scusato con Mario, ma ha dovuto licenziarlo rimandandolo 24 ore su 24 in cella.

 

Mario non è nessuno. In realtà non è neanche Mario, non si chiama così, ma non è il caso di fare il suo nome per complicargli ulteriormente la vita.

Invece Silvio Berlusconi potrebbe attrarre numerosi clienti se andasse a sfornare pizze in qualche gastronomia nei pressi di San Vittore o di Regina Coeli. Potrebbe rivalutare enormemente l’immagine del nostro paese se andasse a servire in qualche mensa della Caritas.

 

Se verranno accertate le sue colpe diamogli la possibilità di godere di un beneficio previsto dalla nostra legge. Benefici negati ai poveri cristi come Mario.

Link to post
Share on other sites
Ha stravinto la casta

 

 

 

di Antonio Padellaro | 30 giugno 2013

 

A Roma, in queste sere di inizio estate i ristoranti alla moda sono accerchiati da schiere di auto di grossa cilindrata, perlopiù tedesche che di blu conservano il lampeggiante, minaccioso anche spento come le insegne dei signorotti medievali. Per ore dietro i vetri scuri sonnecchiano incazzati gli autisti, in attesa di scarrozzare verso casa vassalli, valvassori e valvassini, finalmente satolli.

 

 

A questo punto il lettore si chiederà dove sia la notizia: le macchine dei potenti, statiche o sgommanti non fanno da sempre parte integrante della scenografia della città eterna, come le antiche fontane e i cassonetti maleodoranti? Appunto: la notizia è che nulla cambia e che probabilmente mai nulla cambierà. La Casta che solo quattro mesi fa sembrava soccombere, sotto la valanga delle astensioni e dei nove milioni di ********** raccolti da Beppe Grillo, ha ripreso tranquillamente a fare i propri comodi. Qualche limatura a stipendi e prebende c’è stata, come annunciarono in una commovente comparsata a Ballarò i due nuovi presidenti delle Camere. Così come nei bilanci dei vari Palazzi sono state abolite alcune voci di spesa, francamente oscene. E il resto? Solo chiacchiere e prese in giro.

 

 

Le famose province sopravvivono benone a tutti i governi che dal secolo scorso ne annunciano regolarmente l’immediata abolizione: 107 enti dichiarati inutili che continuano a succhiare 12 miliardi l’anno. Per non parlare dei soldi ai partiti di cui il governo Letta aveva strombazzato la drastica riduzione: bene che vada, i 91 miliardi attuali diventeranno un’ottantina ma chissà quando (“ascolteremo i tesorieri di tutto il mondo”, è la simpatica trovata dei partiti perditempo). La crisi si sta mangiando questo paese, ma continuiamo a foraggiare i parlamentari e i manager pubblici più pagati d’Europa. Nessuno sembra più scandalizzarsi. La rinuncia del M5S a 42 milioni di finanziamento statale viene praticamente ignorata (anche per colpa loro, impegnati come sono a litigare su diarie ed espulsioni). Mentre provocano meraviglia le foto del nuovo sindaco della Capitale pedalante in bici, come se usare i mezzi di locomozione dei comuni mortali (taxi, metro o semplicemente i piedi) rappresentasse uno straordinario prodigio. Perciò, a cena in allegra compagnia, i signorotti si sentono in una botte di ferro e se qualcuno prova a scriverlo si arrabbiano pure. Ammettiamolo, hanno vinto loro. Anzi, hanno stravinto.

 

 

Il Fatto Quotidiano, 30 giugno 2013

 

 

:smiley-dance013: :smiley-dance013: :smiley-dance013:

Link to post
Share on other sites
I lavori della Commissione per le riforme costituzionali proseguono senza che l’opinione pubblica venga in alcun modo informata delle sue discussioni. E’ un metodo inammissibile. In materie come questa, che riguardano il destino della Repubblica, la pretesa dell’assoluta riservatezza confligge con l’esigenza democratica di una apertura che renda possibile un’attenzione vigile e un contributo da parte di tutti i cittadini interessati.

 

Basterebbe ricordare l’opposta scelta fatta dall’Unione europea per i lavori delle convenzioni alle quali era stata affidata la redazione della Carta dei diritti fondamentali e del Trattato costituzionale. E l’attuale opacità diventa ancora più inaccettabile viste le notizie riguardanti un’ambigua consultazione in Rete alla quale il testo delle riforme dovrebbe poi essere sottoposto che, riserve a parte sulla sua opportunità e le sue modalità, esigerebbe proprio un’ampia, diffusa e continua discussione sul testo sul quale dovrebbe esprimersi i cittadini.

 

Chiediamo, pertanto, che si provveda immediatamente a restaurare anche in questa materia il rispetto dei principi della democrazia.

 

Tra i primi firmatari: Umberto Allegretti (Comitati Dossetti), Gaetano Azzariti (Convenzione per la Democrazia costituzionale), Sandra Bonsanti (Libertà e Giustizia), Luigi Ferrajoli (Comitati Dossetti), Stefano Rodotà (Convenzione per la Democrazia costituzionale), Gustavo Zagrebelsky (Libertà e Giustizia).

http://www.libertaegiustizia.it/2013/07/02/no-alle-riforme-al-buio-lappello-vogliamo-sapere/

Link to post
Share on other sites
Abolizione Province, in Consulta tre “saggi” difendono le Regioni ribelli

"Conflitto di interessi" per i tre avvocati-professori, Caravita Falcon e Luciani, che nella commissione che sulla carta vorrebbe abolirle sono tra i più conservatori. Inoltre il procedimento investe buona parte degli enti governati dal Pdl (dell’attuale ministro per le Riforme Quagliariello) che nelle aule parlamentari aveva votato a favore del taglio

 

 

La Consulta ha vagliato il ricorso che ben nove Regioni italiane (Piemonte, Lombardia, Veneto, Molise, Lazio, Campania, Friuli Venezia Giulia, Val d’Aosta e Sardegna, le ultime tre a “statuto speciale”), hanno intentato contro due decisioni del governo Monti sul taglio delle Province e la cancellazione delle elezioni per consigli provinciali e presidente della giunta. A difendere quattro delle nove Regioni ricorrenti davanti alla Corte costituzionale tre autorevoli esponenti della “commissione per le Riforme costituzionali” che si era data per obiettivo anche quello di abolire le Province e che ora sta accarezzando strade più concilianti di deleghe alle Regioni medesime (“decidano loro”) e “semplificazioni” non esattamente in linea con quanto dichiarato dai partiti di governo prima, durante e dopo la campagna elettorale.

 

L’avvocato Beniamino Caravita di Toritto, professore di Diritto pubblico alla Sapienza da sempre convinto assertore della razionalizzazione (ma non dell’abolizione) degli enti provinciali, patrocina sia la Regione Campania che la Lombardia. Il collega Massimo Luciani, anche lui alla Sapienza come ordinario di Diritto costituzionale è l’avvocato difensore della Sardegna. Giandomenico Falcon, infine, esperto amministrativista di stanza all’ateneo di Trento, prenderà le parti del Friuli Venezia Giulia. Tutti e tre, filtra dalle riunioni della commissione intenta alla riforma della Costituzione, rappresentano la linea più conservatrice sul tema delle Province all’interno del dibattito tra saggi.

 

Una situazione di macroscopico conflitto di interesse che ben fotografa la situazione in cui lo Stato prova faticosamente a riformarsi. Al ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello, lunedì, alcuni cronisti hanno domandato se, dopo tanti proclami, le Province saranno finalmente cancellate. Non ha tentennato, Quagliariello: “Sì”, ha detto. Aggiungendo: “C’è una generale disponibilità a considerare i cinque livelli attuali (Stato, Regioni, Province, città metropolitane e Comuni) assolutamente eccessivi. È necessario semplificare”. Le strade della semplificazione, del resto, continuano a divergere anche su pressione di partiti e gruppi politici locali che vedono come una iattura l’idea di rinunciare a gestire filiere di interesse all’interno di enti che i loro segretari continuano a ritenere “inutili”.

 

E qui sta l’altro conflitto di interesse grande come una casa. Il procedimento sollevato davanti alla Consulta investe infatti buona parte delle Regioni governate da uno dei due principali partiti che sostiene il governo Letta. Se si eccettuano Piemonte, Veneto e Val d’Aosta (le prime due a guida leghista, la terza di ispirazione autonomista), Lombardia (epoca Roberto Formigoni), Campania (Stefano Caldoro ), Lazio (epoca Renata Polverini), Sardegna (Ugo Cappellacci), Friuli Venezia Giulia (epoca Renzo Tondo) e Molise (epoca Michele Iorio) erano rette tutte dallo stesso partito dell’attuale ministro per le Riforme Quagliariello. Lo stesso partito che nelle aule parlamentari aveva votato a favore del provvedimento di abolizione.

 

Nel paradosso tutto italiano, lunedì il presidente della Sardegna Cappellacci ha ribadito: “Con la soppressione delle Province (votata dal consiglio regionale sardo la scorsa settimana, ndr) i territori potranno riappropriarsi di un ruolo di autentica rappresentanza che la politica aveva attribuito ad entità create per esigenze proprie e non per quelle della comunità”. È lo stesso Cappellacci che ricorre alla Consulta.

di Eduardo Di Blasi e Wanda Marra dal Fatto Quotidiano del 2 luglio 2013

Link to post
Share on other sites
La verità? Li lasciano evadere

di Stefano Livadiotti e Giulia Paravicini

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/la-verita-li-lasciano-evadere/2210319

 

I mezzi legislativi e tecnologici per scovare i furbetti del fisco ormai ci sono tutti. Però il 96 per cento di loro la fa franca. Perché sono tantissimi: e votano. Quindi il governo preferisce non farli arrabbiare

(03 luglio 2013)

 

Attilio Befera, "Artiglio" per chi gli rimprovera un supposto eccesso di severità nella gestione della macchina fiscale italiana, ha fatto un sogno. Il grande capo dell'Agenzia delle entrate e di Equitalia, il suo braccio armato per la riscossione delle tasse, vorrebbe mettere le mani su Palantir, un software di analisi dei big data messo a punto tre anni fa negli Stati Uniti, sviluppato da un fondo di investimento della Cia e oggi adottato in Italia dai Carabinieri del Ros, il Raggruppamento operativo speciale.

 

Del misterioso Palantir, capace di incrociare una quantità illimitata di dati, utilizzando algoritmi di ultima generazione per scoprire relazioni invisibili, si parlò quando Osama Bin Laden registrò un video davanti a uno scorcio montagnoso sul quale una manciata di minuti dopo piombò una raffica di missili, che non lo centrò in pieno solo perché nel frattempo si era spostato in tutta fretta. Se con Palantir l'allora leader di Al Qaeda ha rischiato la pelle, gli evasori fiscali italiani potrebbero continuare a dormire tra due guanciali. Non tanto perché il sistema made in Usa non ha proprio le caratteristiche adatte per la caccia ai furbetti delle dichiarazioni dei redditi, come assicura chi ha avuto modo di prendere parte a una delle riservatissime presentazioni organizzate in Italia. Quanto perché l'evasione-monstre del nostro Paese, pur essendo una delle principali cause dei conti pubblici che non tornano mai, e di una pressione fiscale effettiva ormai schizzata per i contribuenti onesti a quota 53 per cento, oggi come ieri non è quasi mai stata affrontata davvero come un'emergenza nazionale.

 

Befera c'entra poco e niente: è un grand commis e non va dove lo porta il cuore, ma dove gli chiede il governo di turno. Che non ha mai voglia di regalare alle forze di opposizione una formidabile quota di consenso elettorale. E, come ebbe a ricordare quel galantuomo dell'allora numero uno della Confcommercio, Sergio Billé, prima di finire agli arresti domiciliari e poi beccarsi una condanna a tre anni per corruzione, il mondo del lavoro autonomo e della piccola impresa vale qualcosa come dieci o dodici milioni di voti. Chi non ne intercetta almeno una fetta si può scordare di vincere le elezioni.

 

NEL BUNKER SOTTERRANEO

Palantir potrebbe rivelarsi insomma l'ennesima presa in giro. Che la (mancata) lotta all'evasione sia un problema di volontà politica e non di strumenti operativi è più di un sospetto per chiunque abbia avuto l'opportunità di visitare, all'estrema periferia di Roma, dalle parti della via Laurentina, il blindatissimo quartier generale della Sogei, la società di informatica del fisco italiano, collegata a 300 diverse banche dati (dall'anagrafe tributaria al registro navale), a loro volta alimentate da qualcosa come diecimila enti pubblici.

 

Nove ettari, circondati da un muro grigio di cemento armato, dove lavorano 1.900 dipendenti, la metà ingegneri, fisici, matematici e biologi, alcuni dei quali dotati del nulla osta di segretezza, una sorta di certificato rilasciato dalle autorità e necessario a chi per lavoro maneggia informazioni particolarmente sensibili. Sotto terra c'è un bunker di quattromila metri quadrati, al quale chi è autorizzato può accedere solo dopo la verifica delle impronte digitali. Dentro non si incontra anima viva. In compenso ci sono, ben allineati, 1.500 server, con una potenza di fuoco di un milione di miliardi di byte, tenuti al fresco da un sistema di tubature sotterranee che convoglia acqua a sei gradi di temperatura. Il tutto è a prova di attentato o di terremoto: un collegamento dedicato lungo cento chilometri trasferisce in tempo reale la massa di dati in un sito militarizzato che si trova poco fuori dai confini del Lazio, all'interno di una caserma della Guardia di Finanza.

 

Il riassunto delle informazioni di interesse fiscale di ciascun contribuente è contenuto in un sistema denominato Serpico, come il famoso poliziotto newyorkese interpretato da Al Pacino (in realtà è l'acronimo di Servizi per i contribuenti), in grado di processare 24.200 informazioni al secondo. Basta digitare un codice fiscale e salta fuori tutto ciò che riguarda la persona e anche il suo nucleo familiare: quanto dichiara di guadagnare, qual è il suo patrimonio immobiliare, le bollette delle utenze domestiche, le macchine e le motociclette che tiene in garage, le polizze assicurative, le eventuali iscrizioni a palestre e centri sportivi e le spese sopra i 3 mila euro (3.600 con l'Iva).

 

Non solo. Da lunedì 24 giugno ci saranno tutti i dati sui rapporti bancari e finanziari (entro il 31 ottobre aziende di credito e intermediari dovranno trasmettere quelli del 2011): saldi finali e iniziali e somma dei movimenti su conti correnti, conti di deposito, gestioni patrimoniali, fondi comuni, derivati, fondi pensione, gli estratti conto delle carte di credito e perfino gli accessi alle cassette di sicurezza. Mettendosi davanti a un computer e analizzando questi flussi di denaro gli 007 del fisco potranno compilare delle liste di contribuenti a rischio, sui quali accendere un faro. Lotta dura agli evasori, finalmente? Martedì 25 giugno, a "Porta a porta", Befera c'è andato più che con i piedi di piombo. Parlando di misura straordinaria. E addirittura auspicando un ritorno alla normalità.

 

In realtà, Serpico non ha neanche bisogno di essere interrogato: è lui stesso ad avvertire gli ispettori quando si imbatte in un contribuente che dichiara un reddito incompatibile con il suo tenore di vita. Insomma, un vero Grande Fratello, cui non sfugge davvero nulla. Eppure abbiamo un'evasione fiscale che nessuno sa davvero quanto sia grande, il che la dice lunga. Ma che stime come quelle del britannico Richard Murphy, inserito da "International Tax Review" nell'elenco delle cinquanta persone più influenti al mondo in materia di fisco e fondatore di Tax Justice Network, collocano intorno a quota 180 miliardi di euro l'anno.

 

Una cifra rispetto alla quale, secondo l'Agenzia delle entrate, nel 2011 sarebbero stati recuperati 12,7 miliardi. Già così sarebbe un po' poco. Ma non è neanche vero. Perché 5,5 miliardi vengono da dichiarazioni presentate, ma le cui imposte non sono state poi versate. Il recupero di evasione attraverso accertamento si ferma a 7,2 miliardi e cioè al 4 per cento tondo del totale. Briciole: secondo l'Ocse, su questo fronte facciamo peggio solo di Turchia e Messico. Equitalia, si è scoperto nei giorni scorsi, dovrebbe riscuotere 545 miliardi, che in parte risalgono addirittura al Duemila. Una cifra virtuale, dato che molti dei contribuenti iscritti ai ruoli risulteranno oggi insolventi o addirittura già falliti. Una macchina fiscale faraonica, all'avanguardia tecnologica, dunque, per un risultato davvero misero.

 

Delle due l'una: o la visita guidata che fa apparire la sede della Sogei come il quartier generale della Nasa è una sceneggiata ben costruita, oppure quando suona il campanello d'allarme di Serpico all'Agenzia delle entrate, alla quale vengono girate tutte le segnalazioni, si tappano per bene occhi e orecchie. La storia che è montata negli ultimi mesi intorno alla revisione del cosiddetto redditometro suggerisce che sia senz'altro buona la seconda ipotesi.

 

Il nuovo strumento, come già il vecchio, è stato concepito per mettere a confronto entrate e uscite dei contribuenti, allo scopo di individuare quelli sospetti e dunque meritevoli di un approfondimento. Nella nuova versione nella valutazione del tenore di vita sarebbero dovute entrare, oltre alle spese certe, come per esempio l'acquisto di un'automobile, anche quelle presunte, calcolate sulla base di griglie di dati Istat tarate sulle caratteristiche del contribuente (dalla professione alla composizione del nucleo familiare, fino alla dimensione del comune di residenza). Spese stimate, dunque, attribuite salvo prova contraria.

 

Befera ha annunciato che il nuovo redditometro era pronto proprio nel pieno della campagna elettorale per le ultime elezioni politiche. Con ciò dimostrandosi molto ingenuo o molto furbo. Già, perché non ci voleva un veggente per immaginare che sarebbe scoppiato il finimondo. Come infatti è regolarmente successo. Monti, all'epoca premier, ha subito parlato di bomba a orologeria piazzata sotto palazzo Chigi dal suo predecessore. Silvio Berlusconi si è affannato a negare ogni paternità del nuovo strumento di indagine fiscale, dal quale lesto ha preso le distanze. Prontamente imitato dall'allora segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. Per non parlare di Beppe Grillo, che ha incitato le sue folle a dare direttamente fuoco a Equitalia.

 

Alla fine, il nuovo redditometro è stato di fatto neutralizzato. Prima è arrivata una franchigia di 12 mila euro. Se lo scostamento tra dichiarazione e consumi è al di sotto di quella soglia, allora non se ne fa niente: mille euro tondi al mese di sospetta evasione passano in cavalleria. Poi è stata introdotta una nuova barriera: perché il redditometro possa entrare in funzione, lo scostamento tra entrate e uscite deve risultare superiore al 20 per cento (ma pare che agli ispettori sia stato chiesto di intervenire solo davanti a una forchetta ben più ampia di quella fissata ufficialmente). Quindi è stata praticamente cancellata la novità delle griglie dell'Istat per pesare presuntivamente i consumi, che entrerebbero in ballo solo in un secondo tempo dell'eventuale accertamento e alle quali il contribuente potrebbe opporsi dimostrando di avere abitudini o caratteristiche particolari (e vai a sapere se chi porta a spasso, e non per scelta, una zucca pelata potrà contestare la spesa per il barbiere). Infine, l'Agenzia delle entrate ha annunciato che il suo nuovo strumento di punta per la lotta all'evasione verrà utilizzato in non più di 35 mila casi. Una scelta più che eloquente, se si pensa che lo scorso novembre Befera aveva parlato di 4,3 milioni di nuclei familiari, in pratica uno su cinque, che vive in un modo incompatibile con quanto dichiarato al fisco. La caccia grossa punterebbe dunque su un po' meno di un evasore per ogni cento sospettati (35.000 su 4.300.000 fa lo 0,8 per cento). Una piroetta che non è sfuggita ai magistrati contabili: «Decisioni ondivaghe e contrastanti», hanno scritto a maggio gli uomini della corte dei Conti. Anche perché l'operazione di sabotaggio al redditometro è solo l'ultimo di una serie di favori elargiti a piene mani dalla politica al popolo degli evasori

 

PRIMATO EUROPEO NEL LUSSO

L'Italia non è un Paese povero, ma un povero Paese, per dirla con Charles De Gaulle. Abbiamo l'1 per cento della popolazione mondiale e il 5,7 per cento del totale della ricchezza netta planetaria. Un recente studio della Bundesbank dice che il patrimonio medio delle famiglie italiane (163.900 euro) è più del triplo di quelle tedesche (51.400). Secondo la Banca d'Italia, che ha valutato la ricchezza dei nuclei familiari a fine 2011 in 8.619 miliardi di euro, siamo nei primi 20 posti (su 200) nella graduatoria mondiale in termini di ricchezza netta pro capite. Per gli analisti del Crédit Suisse, gli italiani con oltre un milione di dollari (prima casa inclusa) sono un milione e 400 mila. L'Associazione italiana private banking conta 606 mila nuclei familiari con oltre 500 mila euro (immobili esclusi). E il mercato nazionale dei beni di lusso valeva, nel 2012, 15 miliardi. Risultando così, secondo l'Eurispes, il primo in Europa. Però l'80 per cento (il 96 al Sud) di coloro che presentano la dichiarazione Isee per l'accesso a prestazioni o servizi sociali è pronto a giurare di non avere neanche un conto corrente o un libretto di risparmio. Dev'essere proprio che i soldi li tengono sotto il materasso.

 

Certo: una cosa è il patrimonio; un'altra il reddito. Un poveraccio può anche ereditare dalla nonna un comò stipato di sterline d'oro e diventare ricco d'improvviso. Ma non capita poi così spesso. Tra le due grandezze c'è una qualche relazione. I dati Ocse raccolti a palazzo Koch dicono che alla fine del 2011 in Italia la ricchezza nazionale media era pari a otto volte il reddito disponibile lordo delle famiglie. Strano: negli Stati Uniti, per esempio, il rapporto è 5,3. Qualcosa non torna.

 

E quel qualcosa è proprio l'evasione fiscale. Un fenomeno massiccio, ma dai contorni sfocati: a differenza che in Inghilterra, dove viene calcolata ogni anno fino all'ultimo penny, da noi non esistono dati ufficiali. Così, bisogna affidarsi alle elaborazioni dei centri studi. I numeri di Tax Research UK parlano chiaro. Dicono che in Italia si registra un'evasione pari al 27 per cento del gettito complessivo (e che da sola vale più di un quinto del totale europeo), mentre la Germania sta a quota 16 per cento e la Francia al 15. La Confcommercio stima il fenomeno in 154 miliardi; la Confindustria in 124,5. Difficile dire chi abbia ragione. L'unica cosa certa è che siamo a livelli tali da consentire la realizzazione di un vero e proprio miracolo come quello del 2009 (ultimo dato disponibile), quando gli italiani hanno speso 918,6 miliardi dopo averne dichiarati 783,2 (lordi, per giunta). E chissà da dove è arrivata la differenza.

 

IL SEGRETO DI PULCINELLA

L'analisi delle dichiarazioni per classi di reddito fotografa un Paese di morti di fame. Il 27 per cento dei 41 milioni di contribuenti dichiara niente. O talmente poco che al dunque, tra detrazioni e deduzioni, non versa al fisco un euro bucato. Tra coloro che qualcosa pagano, la pattuglia più nutrita (oltre 6,5 milioni) è quella che si colloca tra i 15 e i 20 mila euro di reddito, seguita da quella di chi ne racimola tra i 20 e i 26 mila. Nel Paese che rappresenta il sesto mercato al mondo per il consumo di champagne, solo 31.752 fortunati ammettono di riuscire a portare a casa più di 300 mila euro l'anno.

 

Dove si annidino, si fa per dire, gli evasori è il segreto di Pulcinella. Se si mettono a confronto le dichiarazioni dei redditi con i dati di un'indagine campionaria a partecipazione anonima (e quindi presumibilmente veritiera) della Banca d'Italia, vengono fuori tassi di evasione pari all'83,7 per cento per i proprietari di immobili, al 56,3 per i lavoratori autonomi e gli imprenditori e al 44,6 per i dipendenti o pensionati che svolgono anche un'attività privata. Il risultato è che nel 2011 il fisco, secondo un'elaborazione della Lef (l'Associazione per la legalità e l'equità fiscale), ha pesato per l'82 per cento su chi ha un impiego fisso e chi ha raggiunto l'età per starsene ai giardinetti. Nel 2012 (per il 2011) i titolari dei negozi di abbigliamento e calzature hanno dichiarato in media 6.500 euro. Cioè un terzo dei loro commessi (la dichiarazione media dei dipendenti è di 20 mila euro). E poco più della metà della soglia di povertà, fissata a 1.011 euro al mese per una famiglia di due persone.

 

La Guardia di Finanza quando fa i controlli potrebbe anche andare alla cieca. Nei primi dieci mesi del 2012 a Palermo ha colto in castagna l'85,95 per cento dei commercianti cui ha fatto visita, scoprendo che si guardavano bene dal rilasciare scontrini o ricevute fiscali (a livello nazionale, tra gennaio e maggio 2013, le verifiche sono andate a segno nel 33 per cento dei casi). Il fatto è che, nonostante un esercito di oltre 90 mila persone tra dipendenti dell'Agenzia e Guardia di Finanza (negli Usa sono centomila, ma il loro Pil è otto volte superiore al nostro) di controlli in Italia se ne fanno pochi. Quelli veri sono non più di 250 mila, ha scritto la Corte dei Conti: uno ogni 20 potenziali evasori. Non basta. Anche coloro che vengono stanati, se decidono di opporsi alle richieste del fisco, hanno ottime possibilità di farla franca: nel 2011 le commissioni tributarie regionali hanno dato loro ragione nel 43,4 per cento dei casi. Risultato: il tasso di riscossione di Equitalia è sceso nel 2012 all'1,94. E non ci sarebbe da sorprendersi se calasse ulteriormente, dopo che il governo di Enrico Letta ha pensato bene di spuntare ulteriormente le armi della società di riscossione (vedere il box a pagina 31)

 

L'ESEMPIO DELLA SVEZIA

Il 22 giugno del 2013 il professor Angelo Panebianco ha avuto un'alzata d'ingegno. E ha scritto sul "Corriere della Sera": «Per contrastare, come è doveroso fare, l'evasione fiscale, non basta, anche se è ovviamente necessario, usare gli strumenti repressivi: bisogna anche ridurre in modo cospicuo le tasse. Soltanto una riduzione della pressione fiscale, infatti, può spingere l'evasore, o il potenziale evasore, a rifare il calcolo delle proprie convenienze, a cambiare la propria valutazione dei vantaggi e dei rischi dell'evasione».

 

Non è così. Intanto, come annota il rapporto Eurispes 2013, «in Italia i livelli di tassazione sono sostanzialmente in linea con quelli dei più importanti Paesi industrializzati: per esempio, per un reddito di 45 mila euro l'imposizione media italiana ammonta al 29,8 per cento e quella tedesca al 30,4». E poi: pensare che la via maestra per sconfiggere l'evasione sia il ribasso delle aliquote è semplicemente sbagliato.

 

Basta prendersi la briga di leggere quanto scrive uno studioso come Alessandro Santoro, professore di Scienza delle finanze e Politica economica a Milano Bicocca ed ex consulente tributario del ministero delle Finanze, nel saggio "L'evasione fiscale", pubblicato dal Mulino: «Il confronto internazionale indica che Paesi dove il livello delle aliquote è da sempre più elevato del nostro sono invece caratterizzati da livelli di evasione molto più ridotti. Ad esempio, secondo i dati riportati in uno studio di qualche anno fa da Alberto Alesina e Mauro Marè, alla metà degli anni Novanta l'evasione in Norvegia o in Svezia era pari o di poco superiore al 10 per cento del Pil, un livello inferiore alla metà di quello italiano, a fronte di una pressione tributaria ben superiore». Scrive ancora Santoro: «L'evasione non sembra un fenomeno recente in Italia: sempre Alesina e Marè ricordano che gli italiani evadevano molto anche quando le aliquote, e la pressione tributaria complessiva, erano ben al di sotto della media europea». La controprova la fornisce una ricerca elaborata nel 2011 da Contribuenti.it: in Svezia il fisco si porta a casa il 56,4 per cento dei redditi dei contribuenti, ma l'evasione è ferma a quota 7,6 per cento.

 

Soprattutto in un Paese come l'Italia, dove la quota di lavoratori autonomi è altissima (sono il 24 per cento del totale, contro una media Ue del 13), c'è un solo modo di combattere davvero la piaga dell'evasione: il contribuente deve essere convinto che il fisco sa tutto di lui e che quindi se prova a barare sarà immediatamente scovato e ne pagherà le conseguenze. «Il problema è la percezione del fattore di rischio», conferma Murphy a "l'Espresso". I partiti la pensano in un altro modo. Come lo ha spiegato senza troppi giri di parole Angelino Alfano, che non è un viandante ma il vice presidente del consiglio: «Noi non vogliamo inseguire gli evasori con i cani». Ecco.

Link to post
Share on other sites

Veramente sconsolante l'articolo. Se pensate a tutte le misure recessive che vengono fatte in questi anni e che potrebbero essere evitate con un po' di onestà da parte di tutti...

Link to post
Share on other sites

Ma infatti.

Non dico eliminarla del tutto, perché una quota è fisiologia, ma dimezzarla sarebbe un toccasana per il Paese e consentirebbe finalmente l'abbassamento della pressione fiscale.

 

Ma...

 

...sono tantissimi: e votano. Quindi il governo preferisce non farli arrabbiare

 

Parole sacrosante.

Link to post
Share on other sites

Ma infatti.

Non dico eliminarla del tutto, perché una quota è fisiologia, ma dimezzarla sarebbe un toccasana per il Paese e consentirebbe finalmente l'abbassamento della pressione fiscale.

 

Ma...

 

...sono tantissimi: e votano. Quindi il governo preferisce non farli arrabbiare

 

Parole sacrosante.

 

 

:ahahah :ahahah :ahahah

Link to post
Share on other sites

Rido perchè tu credi a quello che scrivi (nel sottolineato nella fattispecie)

 

Eh, io ci spero. Altrimenti avrei già fatto i bagagli.

Link to post
Share on other sites

Eh, io ci spero. Altrimenti avrei già fatto i bagagli.

 

Io ho troppi esempi negativi per sperarci (restando in tema dico due nomi: Tremonti e Rossi), forti con i deboli e deboli con i forti. Amen

Link to post
Share on other sites

Rido perchè tu credi a quello che scrivi (nel sottolineato nella fattispecie)

Far pagare le tasse a tutti permetterebbe sì di abbassare la pressione fiscale e di tantissimo.

Comunque permetterebbe almeno di smetterla di avere problemi per: pensioni, dipendenti PA, sottorganico polizia&carbinieri, sanità, istruzione... Proprio bazzecole eh?

Link to post
Share on other sites

Far pagare le tasse a tutti permetterebbe sì di abbassare la pressione fiscale e di tantissimo.

Comunque permetterebbe almeno di smetterla di avere problemi per: pensioni, dipendenti PA, sottorganico polizia&carbinieri, sanità, istruzione... Proprio bazzecole eh?

 

Credo che il verdastro dubiti sulla fattibilità di farlo, piuttosto che sull'importanza.

Link to post
Share on other sites

Sulla fattibilità di far pagare le tasse a tutti? Sulla volontà, spero, perchè a fattibilità basterebbero cinque minuti.

_ Tracciabilità del contante sopra i 500€

_ Concedere di scaricare QUALSIASI spesa dalla dichiarazione dei redditi, anche l'idraulico e l'imbianchino

_ Incrociare i dati tra dichiarazioni/banca/spese

_ Superbolli per auto sopra i 150 cavalli o sopra una certa soglia di prezzo

_ Rimodulare le tasse sul reddito (pensioni d'oro) e ridurre le tassazioni orizzontali (accise carburanti, tasse su luce&gas, iva)

_ Rivalutare le rendite catastali

_ Tassare tanto le seconde case non affittate per più di x anni

_ Tassare i beni di lusso (cavalli, barche, ville...)

_ Tassare gli investimenti finanziari

_ Introdurre il concetto di "lite temeraria" nei procedimenti fiscali, ovvero fermare il ricorso automatico che fanno tutti anche se hanno torto perchè male che ti vada non la pena non può aumentare

_ Introdurre il carcere per l'evasione fiscale e introdurre criteri per il recupero crediti anche ai congiunti sotto determinati accertamenti

_ Controlli a tappeto dovunque

 

Toh, ho salvato il paese :asd

Link to post
Share on other sites

Sulla fattibilità di far pagare le tasse a tutti? Sulla volontà, spero, perchè a fattibilità basterebbero cinque minuti.

_ Tracciabilità del contante sopra i 500€

_ Concedere di scaricare QUALSIASI spesa dalla dichiarazione dei redditi, anche l'idraulico e l'imbianchino

_ Incrociare i dati tra dichiarazioni/banca/spese

_ Superbolli per auto sopra i 150 cavalli o sopra una certa soglia di prezzo

_ Rimodulare le tasse sul reddito (pensioni d'oro) e ridurre le tassazioni orizzontali (accise carburanti, tasse su luce&gas, iva)

_ Rivalutare le rendite catastali

_ Tassare tanto le seconde case non affittate per più di x anni

_ Tassare i beni di lusso (cavalli, barche, ville...)

_ Tassare gli investimenti finanziari

_ Introdurre il concetto di "lite temeraria" nei procedimenti fiscali, ovvero fermare il ricorso automatico che fanno tutti anche se hanno torto perchè male che ti vada non la pena non può aumentare

_ Introdurre il carcere per l'evasione fiscale e introdurre criteri per il recupero crediti anche ai congiunti sotto determinati accertamenti

_ Controlli a tappeto dovunque

 

Toh, ho salvato il paese :asd

 

basta il punto 2

Link to post
Share on other sites

Sulla fattibilità di far pagare le tasse a tutti? Sulla volontà, spero, perchè a fattibilità basterebbero cinque minuti.

_ Concedere di scaricare QUALSIASI spesa dalla dichiarazione dei redditi, anche l'idraulico e l'imbianchino

 

Toh, ho salvato il paese :asd

 

Ma se tutti scaricano l'iva mi spieghi a cosa serve la stessa? Guarda che io l'IVA la pago volentieri, se ho un riscontro su servizi efficienti, mi viene da non pagarla se con essa "mantengo" in fancazzisti della PA (es: quelli che timbrano e se vanno per intenderci, o i passacartai), poi, non accetto moralismi da persone tipo Tremonti & Compagnia che affolla le stanze di Roma. Parlo personalmente, negli anni sto capendo che "il coglione" devo essere sempre io che pago tutto ad uno Stato marcio che quando è ora di chiedere lo vuole per ieri, quando deve dare lo da a suo uso e costume? (es: debiti PA) Poi sei additato da parassita (i Rossi d'Italia no, sono stati fraintesi, i Tremonti d'Italia no, sono stati vittime di Tizio-Caio-Sempronio e via dicendo) quando magari ti alzi alle 4 per lavorare e sfamare una famiglia e PIU della metà del ricavo del tuo sudore lo devi dare al tuo "socio occulto".

Link to post
Share on other sites
Guest
This topic is now closed to further replies.
  • Recently Browsing   0 members

    No registered users viewing this page.


×
×
  • Create New...

Important Information

By using this site, you agree to our Terms of Use & Privacy Policy.