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Perchè tutti quelli che mi piacciono poi devono deludermi.

evidentemente perché sbagli le valutazioni!

No è perchè è interista. Ce l'ha nel DNA.

 

 

 

fine OT

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A me Berlusconi non piace, ma un minimo di persecuzione mi sa che c'è davvero... Se continuano così lo voto. Giuro.   Va bene che è un politico poco risolutivo e che non ha fatto tutto quello che g

Allora mettiamo qualche puntino sulle i perché sinceramente mi sono rotto di assistere a continui ribaltamenti della realtà.   La discussione è partita as usual tra me e Keitaro. Io dicevo di esse

Abbiamo smacchiato il giaguaro :D

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http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/07/16/kazakistan-dalema-se-non-hanno-avvertito-alfano-non-e-colpa-sua-non-sapere/239799/

 

D'Alema, Fassina e il poco odiabile Roberto 'giovane vecchia ameba' Speranza fanno tutti assieme gli attendisti, in difesa del loro Angiolino.

Tanto amore in Parlamento. :wub:

 

:oops:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

...

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Caso Alfano: il Presidente vero e quello innominabile

Angelino Alfano è salvo, il governo Letta pure, la democrazia italiana un po’ meno. Venerdì 19 luglio, durante il dibattito sulla sfiducia (mancata) al ministro per il caso kazako, Palazzo Madama compie un ulteriore passo verso il basso. Non l’ultimo, visto che, come è ormai perfettamente intuibile, i nostri sedicenti rappresentanti quando toccheranno il fondo si metteranno alacremente a scavare.

Tra le cosiddette alte cariche dello Stato va pericolosamente di moda la giurisprudenza costituzionale creativa. Tanto che il presidente del Senato, Piero Grasso, sceglie il palcoscenico della discussione in diretta tv per enunciare, di fatto, due nuovi, rivoluzionari, principi: la censura preventiva sui discorsi dei parlamentari e il divieto di nominare pubblicamente Giorgio Napolitano.

Tutto accade quando Grasso stoppa il capogruppo deMovimento 5 Stelle, Nicola Morra che, ricostruendo il caso kazako, sta per citare una frase dell’Eterno Presidente: “Ieri è intervenuto nel dibattito politico chi sta sul Colle…”. Apriti cielo: “Non sono ammessi riferimenti al Capo dello Stato. Lasciamolo fuori da quest’aula”, interviene fulmineo e autoritario Grasso.  Morra prova a chiarire: “dicevo il presidente della Repubblica”. Lui lo riprende di nuovo: “L’ho invitata a lasciarlo fuori, lei non può nominarlo (sic)”.

A vederla con ironia, ci sarebbe da stare tranquilli. In fondo questa è la migliore dimostrazione di come sbagli chi pensa che la democrazia italiana, guidata da Re Giorgio, si stia trasformando in monarchia. Ad ascoltare Grasso l’obbiettivo – tragicomico – pare diventare un altro: la teocrazia, nel senso letterale del termine. La transmutazione, forse anche a causa dell’età, del vetusto Presidente in sovrano di natura divina (un Faraone) con l’obbligatorio corollario di comandamenti.

Da sempre irresponsabile per i reati commessi nelle sue funzioni e da qualche tempo non intercettabile, Napolitano esce ora dall’aula della discussione su Alfano come non nominabile e, in fondo, pure infallibile.

Davanti all’articolo 95 della Costituzione che testualmente recita: “I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del consiglio del ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri”, isenatori, con poche eccezioni, non si limitano infatti a seguire i suoi diktat sul governo Letta. Applaudono pure ogni sua (per molti sconcertante) interpretazione della Carta .

“Anche, ma non solo per dei ministri, è assai delicato e azzardato evocare responsabilità oggettive o consustanziali alla carica che si ricopre” aveva detto Napolitano appena 24 ore prima. E adesso il capogruppo del Pdl, Renato Schifani, lo elogia. Poi, quasi da moderno aruspice, lo interpreta: “Non esiste il principio di responsabilità oggettiva nelle istituzioni. Chi sbaglia paga, ma se il ministro non è stato informato dalla catena di comando non vedo in forza a quale principio politico, istituzionale, etico o sociale, debba pagare”.

Dopo l’intervento del Colle l’articolo 95 non sembra più in vigore. La Casta del “a mia insaputa” vince. E tra gli applausi che celebrano il redivivo Alfano la mente va a un altro Presidente. A Luigi Einaudi, un Presidente vero. Uno che tanti anni fa avvertiva: “Non le lotte o le discussioni devono impaurire, ma la concordia ignava e l’unanimità dei consensi”.
 

 

 

Financial Times: si dimetta per il bene del governo

Caso Ablyazov, Letta: ''Inoppugnabile estraneità Alfano a vicenda''... che si sia sbagliato?!?

La verità nelle carte della polizia: non è stata un'espulsione, ma una «consegna» ai kazaki 

 

Commenti dai PiDini del forum?!? 

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Il governo delle larghe intese di unità nazionale per le emergenze... Non hanno ancora preso un provvedimento serio, stanno solo rinviando tutto, dall'imu, l'aumento dell'iva etc. Ormai è palese che quella della responsabilità è solo un ricatto per garantire un ultimo giro di poltrone alla peggiore classe dirigente politica europea

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Lo scenario che disegna il tesoriere del Pdl non è rassicurante: "Da una parte c'è l'opinione pubblica che, più che togliere i soldi ai partiti, vuole ammazzare tutti i politici. Ci vuole tutti morti, impiccati". 

 

:shock: Chissà perchè?? Non riesco a capacitarmi  :D 

 

Stia tranquillo Sig. Bianconi....non le verrà torto un capello (Grecia docet)  :smiley-hug005: 

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Lo scenario che disegna il tesoriere del Pdl non è rassicurante: "Da una parte c'è l'opinione pubblica che, più che togliere i soldi ai partiti, vuole ammazzare tutti i politici. Ci vuole tutti morti, impiccati".

Che esagerato: mica tutti, semplicemente molti :asd

 

 

O, come piaceva dire a Schifani qualche anno fa: "La maggioranza" :gia:

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Se la stabilità si trasforma in  idolatria

 

di BARBARA SPINELLI
 
Stabilità: così spesso viene invocata e così febbrilmente, in Italia, che quasi non ci accorgiamo che è divenuta virtù teologale che assorbe ogni altra virtù: non mezzo, ma finalità ultima dell'agire politico. Non siamo i soli a subirne i ricatti: in tutta Europa, le ricette anticrisi l'assolutizzano.

 

Dicono che la Grecia è per fortuna lontana, invece ci sta vicina come la pelle. Quotidianamente vengono additati i nemici della stabilità politica, e piano piano ogni inquietudine, ogni opposizione, ogni giornale che amplifichi notizie poco gradite al comando son guardati con diffidenza. Il "rischio Italia" non c'è, ha detto il governatore Visco al vertice dei Venti, il 20 luglio, ma "resta il gran peso dell'instabilità politica e istituzionale, a frenare la crescita". Non ha specificato in cosa consista secondo lui l'instabilità, ma conosciamo le ragioni generalmente addotte: le divisioni tra partiti di governo (per infantilizzarli son chiamate litigiosità), gli attacchi al ministro Alfano responsabile delle deportazioni kazake, i subbugli che seguiranno un'eventuale condanna definitiva di Berlusconi per appropriazione indebita, frode fiscale, falso in bilancio (diritti Mediaset).

 

La stabilità assurge a valore supremo, non negoziabile, e se vogliamo custodirla dobbiamo disgiungerla da princìpi democratici essenziali come l'imperio della legge, la responsabilità del governante, la sua imputabilità: tutte cose che turbano. Viviamo nel regno della necessità e del sonno, non della libertà e del divenire. Non c'è alternativa alle larghe intese, da cui ci si attende nientemeno che la pace, o meglio la pacificazione. Cos'è stata ed è l'opposizione a Berlusconi? Guerra. Le critiche a Alfano? Guerra. L'Italia ha già vissuto epoche simili, a bassa intensità democratica: sin da quando fu necessario, nella Liberazione, far patti con la mafia. O nella guerra fredda, escludere i comunisti dal governo. Stesso clima negli anni della solidarietà nazionale contro il terrorismo, dell'emarginazione di Falcone e Borsellino durante le stragi di mafia. La storia dell'Italia postbellica è cronicamente all'insegna della stabilità idolatrata.

 

Il mito delle larghe intese è figlio di questa idolatria. Dalla convinzione, diffusa nei vari partiti, che i mali del Paese siano curabili solo se lo scontro politico s'attenua, fra destra e sinistra: se i contrari si fondono, ut unum sint. Si glorifica il compromesso storico, e sulla sua scia le grandi coalizioni, le strane maggioranze. È un mito che urge sfatare, e non solo perché il Pdl di Berlusconi non è comparabile alle destre europee. Più fondamentalmente, il mito è un inganno.

 

Le unità nazionali, anche in condizioni democratiche normali, sono sempre strade di ripiego, votate all'instabilità. Furono sempre malferme, le grandi coalizioni tedesche: le riforme decisive vennero fatte dalla sinistra o dalla destra quando governavano da sole. Furono labili e piene di disagio (di fibrillazioni: anche qui il termine è psico-medico) le coabitazioni francesi fra maggioranze presidenziali e parlamentari discordanti. Non è vero che i mali si medicano abolendo il conflitto fra blocchi contrapposti. In Europa e America, le unioni sacre immobilizzano la politica, e l'immobilità non è vera stabilità.

 

Anche di fronte a pericoli gravi (terrorismo, mafia, autoritarismo) non sono le larghe intese a garantire stabilità. Vale la pena ricordare la Grande Coalizione tentata prima dell'avvento di Hitler, nella Repubblica di Weimar. Fra il 1928 e il 1930 nacque un governo di socialdemocratici, Popolari tedeschi e bavaresi, Centro cattolico. Furono anni di tensioni indescrivibili, che accelerarono la fine della democrazia e che Hindenburg, Presidente, coscientemente usò per sfibrare i socialdemocratici, imporre un regime presidenziale (Präsidialregierung), cedere infine a Hitler (il partito nazista non supera il 2,6 per cento dei voti nel '28. Nel 1930 otterrà il 18,3, nel '33 il 43,9). L'ultimo governo parlamentare di Weimar, diretto dal socialdemocratico Hermann Müller, s'infranse su scogli che riecheggiano i nostri in maniera impressionante. 

 

Un'austerità dettata dai vincitori della prima guerra mondiale, una disoccupazione che raggiunse 2,8 milioni nel marzo '29, e la coalizione che vacillò sull'acquisto di costosi armamenti (la Corazzata-A), e l'insanabile conflitto su tasse e sussidi ai senza lavoro: ecco i veleni che uccisero Weimar, e paiono riprodursi oggi in Italia. A quel tempo, fuori dai Palazzi del potere, rumoreggiavano i nazisti sempre più tracotanti, i comunisti sempre più costretti da Mosca a imbozzolarsi nella separatezza. Il movimento di Grillo imita quell'imbozzolamento. 

 

Casaleggio non riceve ordini esterni ma è come se li ricevesse. Non si capisce altrimenti come mai d'un sol fiato profetizzi immani tumulti sociali, e respinga ogni futuro accordo tra 5Stelle e Pd. Le sue parole scoperchiano quel che è destabilizzante nelle larghe intese; ma le rendono più che mai ineludibili, fatali.

 

Come nella guerra la prima vittima è la verità, così nelle grandi coalizioni la prima vittima è il principio, autocorrettore, della responsabilità dei ministri, collettiva e individuale (art. 95 della Costituzione). Prioritario è durare: la sacrata stabilità è a questo prezzo. Il prezzo di una responsabilità triturata dai sofismi (è politica? o oggettiva?), di una Costituzione disattesa, o di una moratoria chiesta dalla destra sulle questioni etiche (leggi su omofobia o coppie gay: una promessa elettorale della sinistra). Difficile chiamare stabilità questo non strano, più che ovvio guazzabuglio.

 

Nella Fattoria degli animali, la casta trionfatrice dei maiali narrata da Orwell annuncia a un certo punto che tutti gli animali sono eguali, ma ce ne sono di più eguali degli altri. Nelle grandi coalizioni accade qualcosa di analogo. Anch'esse secernono una casta, pur di sfuggire ai partiti sottoscrittori delle intese, e i governanti assumono una postura singolare: si fanno prede di leggi deterministe, è come non possedessero il libero arbitrio e di conseguenza non fossero imputabili. Il leone che sbrana la gazzella agisce così: mosso dalla necessità della sopravvivenza, non deve render conto a nessuno, tribunale o popolo elettore.

 

Le unioni nazionali funzionano sempre male, ma se funzionano è perché ciascuno riconosce e rispetta i limiti che il partner non può valicare senza rinnegarsi. La grande coalizione di Weimar naufragò perché Hindenburg l'aveva suscitata col preciso intento di consumare i socialdemocratici. La morte della democrazia parlamentare era programmata dall'inizio; il governo presidenziale di Brüning, ultimo Cancelliere della Repubblica, era già da tempo concordato tra Centro cattolico e destre popolari.

 

I guai succedono quando l'abitudine alla non-responsabilità diventa tassello principale della stabilità, o governabilità. Enorme è il chiasso, ma ogni cosa stagna: è la stasi. Nessuno si avventuri a staccare spine, ammonisce Napolitano. Tantomeno si provi a irritare i mercati e le banche d'affari, che già l'hanno fatto sapere: non si fidano di Stati con Costituzioni nate nella Resistenza (rapporto di JP Morgan del 28-5-13). Per questo è interessante sapere quel che intenda la Banca d'Italia, quando nell'instabilità vede un freno alla crescita. Quale stabilità?

 

Ci sono momenti in cui si ha l'impressione che l'Italia abbia vissuto nel Regno della Necessità quasi sempre, tranne nel momento magico del Comitato di liberazione nazionale, della Costituzione repubblicana. I governanti che sono venuti dopo sono stati potenti stabilizzatori, più che responsabili. Quando parla al popolo, lo stabilizzatore gli dà poco rispettosamente del tu e d'istinto cade nel frasario del gangster: "Ti faccio un'offerta che non potrai rifiutare".

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Rassegna stampa...

Ecco le Province 2.0: dal 2014 compiti ridotti al minimo e via alle città metropolitane ow.ly/nlkTJ

 
Soldi ai partiti, la spugna del Pdl ow.ly/nlkK7
 
L'uccisione simbolica di Alma Shalabayeva. L'editoriale di Giovanni De Mauro. intern.az/13gMxBZ
 
Le necessarie riforme costituzionali e evasioni istituzionali ovvero "Fassina di certo non è un paracarro "ow.ly/nl5NQ
Inziano a diffondersi gli appelli contro la "riforma" della Costituzione:

Giù le mani dalla Costituzione - Micromega lancia un appello... ow.ly/nj3dy
Appello contro la riforma della Costituzione ow.ly/nllcm
Non è cosa vostra ow.ly/nlnUs

 

Ma gli elettori del PD che ne pensano delle posizioni del loro partito? Sempre il male minore?!?  :gia:

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Ci sono trecento PD, quindi di alcuni mi mi offendo, di altri mi vergogno e di altri ancora sono fiero.

 

Il PD è il male minore perchè (partendo da idee non di destra) è l'unico partito che fa primarie non decise a tavolino, l'unico che ha una decente democrazia interna e la reale possibilità di cambiare, anche in peggio forse, ma nessun'altro soggetto ha queste capacità.

È tristemente poco, ma tant'è.

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la reale possibilità di cambiare, anche in peggio forse...

È tristemente poco, ma tant'è.

Direi certamente in peggio...

un altro appello...

ce n'é davvero di bisogno vista la maggioranza...

No alle forzature contro la Costituzione goo.gl/Ie1ESE appello alle opposizioni per uscire dallo stallo.
Appello - Giù le mani dalla Costituzione - firma la petizioneow.ly/nm8vu
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