Una sedia vuota, illuminata. Il pubblico è in piedi, tutti visibilmente commossi.
Le parole di Kobe: “We lost what was the greatest owner in sports ever. He was a brilliant, incredible owner, but an even better person. His vision has transcended the game and we are all spoiled. “
I tweet dei reporter dentro lo Staples parlano di un”immensa energia”, di un’atmosfera speciale. Dal piccolo schermo del mio notebook posso solo immaginare le emozioni che in quel momento percorrono le schiene di giocatori e tifosi. Quello che personalmente mi resta è la sensazione, avvalorata dai primi minuti di gioco, è che questa partita contro gli odiati rivali dei Celtics sarà giocata con il coltello fra i denti, perchè la W è l’unico risultato possibile.
Non conta per i play-off, conta per la memoria di un uomo che oggi più di ogni altro giorno va onorata in campo.
Venendo a parlare di basket giocato, il primo quarto vede il dominio di Dwight Howard. Per lui Kupchack ha speso parole importanti negli ultimi giorni, lui decide di rispondere in campo con una gran partita. Nel primo quarto mostra tutto il repertorio: rimbalzi offensivi, schiacciate innescate da movimenti di pick and roll, eleganti movimenti spalle a canestro, stoppate (ai limiti della regolarità). E’ a 12+6 dopo i primi 11 minuti; il riposo gli ha fatto particolarmente bene. I Lakers guidati da lui e dal solito Bryant allungano in maniera decisa mentre i Celtics, dopo un buon inizio, sono impegnati a smaltire le tossine accumulate la sera prima nella sconfitta contro Denver. L’eccellente primo quarto si chiude con 36 punti segnati e un vantaggio di +11 sul tabellone.
L’assenza di Gasol risulta tangibile quando entra in campo la 2nd line ad inizio secondo quarto. L’ormai consueta scelta di far riposare contemporaneamente Nash, Bryant ed Howard risulta in un quintetto inadeguato, e Rivers se ne accorge, dal momento che fa coincidere questa scelta di D’Antoni con la sua scelta di mettere il quintetto offensivamente più forte: Lee, Terry, Pierce, Green, Garnett. Il parziale è inevitabile, Howard deve essere richiamato alle armi dopo tre minuti scarsi di riposo. Boston prova ad accelerare, come fatto all’andata al Garden, cercando di attaccare di più in transizione dove la difesa dei Lakers fa più fatica, ma il risultato oggi è diverso. I Lakers infatti hanno tanta voglia di difendere, di tagliare fuori e di correre in transizione, e sebbene non manchino gli episodi in cui Howard si gira a discutere con Bryant su chi doveva aiutare chi, la qualità media dei tiri concessi ai Celtics resta bassa.
Questo purtroppo non significa che i Celtics non riescano ad essere produttivi. Al contrario, Pierce con i suoi 23 punti in 22 minuti guida i suoi in un primo tempo chiuso con il 50% da 3 e il 48% dal campo, riuscendo spesso a concretizzare tiri da fuori ben contestati dalla difesa gialloviola. Il risultato però non si fa mai incerto: il minimo gap tra le due squadre è fissato a 5 punti. Questo accade perchè, nonostante quando detto accada nella metà campo difensiva, in quella offensiva i Lakers scintillano. L’attacco è perfettamente bilanciato, al punto che al termine dei primi due quarti il conto dei tiri dal campo è così distribuito tra i titolari: 6 Nash, 9 Bryant, 10 World Peace, 7 Clark, 8 Howard. Quanto sono lontane quelle partite di Dicembre in cui si giocavano tonnellate di isolamenti e ci si chiedeva cosa stesse a fare su quella panchina uno specialista dell’attacco come Mike D’Antoni!
2 punti di Kobe su assist di Blake chiudono il primo tempo sul 64-55.
Il terzo quarto inizia e finisce molto presto. Boston è sulle ginocchia, e pensando alle 9 trasferte nelle prossime 11 gare, soccombe sotto i colpi dell’ottimo attacco Lakers. E’ un quarto di soli sorrisi, e visto il periodo se ne sentiva davvero il bisogno. Sorride Nash che raggiunge e supera Magic Johnson nella classifica degli assistmen all-time al quarto posto. Sorride Howard che domina contro i lunghi avversari. Sorride Kobe dopo uno sfondamento subito (rarità assoluta) ed un passaggio dietro la testa per il taglio di un Clark totalmente dimenticato dalla difesa biancoverde. Sorride persino Jamison che si ritrova a giganteggiare nella desolata area dei Celtics.
Insomma, più che ad una rivalità storica sembra di assistere ad una partita di esibizione in cui i padroni di casa sono nettamente più forti e determinati a vincere mentre gli ospiti fanno più che altro da sparring partner. Le recriminazioni e i rimpianti nel vedere questi Lakers e nel vedere l’ottavo posto ancora molto lontano (nella notte i Rockets battono i Thunder con una memorabile partita di Harden) crescono a dismisura, a meno che come me non siate già rassegnati da qualche settimana al destino che ci tocca quest’anno.
Non resta molto da raccontare della partita. Si assiste all’ingresso tra le file di Boston del mitologico Terrence Williams, noto talento che si è stranamente ritrovato a giocare per i Guangdong Tigers invece che brillare in NBA come meriterebbe. Non è certo un caso che la sua presenza in campo coincida con un breve parziale che riporta i Celtics a -13 e con diversi open looks per tornare a -10. Il clamoroso plus/minus di Terenzio ad inizio quarto quarto è di +12, una differenza di 9 punti con Garnett e addirittura di 27 con Pierce. Chi obietta che Williams in 6 minuti abbia 0 punti e 1 rimbalzo è accecato dall’odio nei confronti di un talento cristallino subito apparso decisivo al suo ritorno nella lega che più gli compete. Un’ultima cosa da dire: i 16 rimbalzi presi da Clark (5 offensivi), sono il suo record in carriera.
Soddisfatto dell’essere riuscito a scrivere ben 800 caratteri su un quarto quarto inesistente dal punto di vista agonistico, posso chiudere il recap con il mio personale saluto al Dottor Jerry Buss. Un uomo ed un simbolo che non dimenticheremo mai.
Goodbye Jerry, thanks for the memories.
g.m.