Un maestoso Gasol da 23+17+6assist+4 stoppate guida i Lakers al trionfo in gara-7. Nuggets ancora una volta fuori al primo turno. Nella notte tra lunedì e martedì gara-1 con i Thunder
Le gare-7 non sono mai partite banali. Spesso non sono belle da un punto di vista tecnico, ma le emozioni che sanno regalare, positive e negative, non hanno eguali in questo sport. Nonostante ciò, non è esattamente l’entusiasmo lo stato d’animo con cui si arriva a questo match da parte dei Lakers, ma per fortuna sarà lo stato d’animo con il quale si chiude il match, almeno finchè non ci sarà da pensare ad Oklahoma City.
L’approccio alla gara è quello giusto: niente di eccezionale, ma rispetto alle orrende prestazioni di gara-5 e gara-6 almeno si vede una squadra che scende in campo nel primo quarto per giocarsela, non per assistere a quello che fanno gli altri. I lunghi danno l’impressione di essere più presenti sia a rimbalzo sia in difesa a centro area, e dialogano di più in attacco. Gasol in particolare viene cercato spesso nelle prime fasi di gioco, e nonostante i Nuggets tentino di raddoppiarlo ad ogni sua ricezione, il catalano riesce a partire bene sfruttando finalmente un jumpshot, anche in fadeaway, che Faried non può neanche sognare di difendere.
Questa però è una gara-7, e di certo non basta scendere in campo con un atteggiamento decente per vincerla, anche se gli avversari sulla carta non sono né i Thuder né gli Spurs. Denver infatti non fatica a restare a contatto durante il primo quarto, grazie ad un Lawson ancora parzialmente in stato di grazia e al soliti Faried e Harrington. I Lakers chiudono il primo periodo sopra 25-24.
Il secondo quarto ci ricorda due cose nei primi minuti. La prima è che Blake qualche tiro da fuori lo sa mettere, anche se a volte sembra scordarsene. La seconda è che abbiamo di nuovo Metta World Peace, il che significa addio (e meno male) ai quintetti con Blake da guardia e che finalmente c’è qualcuno in campo, Metta appunto, che può marcare Andre Miller ed impedirgli di fare il bello e il cattivo tempo con la palla in mano. La partita scorre in equlibrio. C’è un momento nel secondo quarto in cui i Lakers sembrano poter allungare, ma i Lakers sono una squadra di parziali, e dopo averne fatto uno ne subiscono un altro. Denver resta sempre dietro, anche a casua dei problemi di falli di Faried e della botta al naso (già rotto) di Harrington, che li costringe ad un improbabile frontliine Mozgov-McGee per gli ultimi minuti del quarto.
Il tap-in di Gasol che sancisce il 48-42 di fine primo tempo è la fotografia di quello che questa gara-7, e questa serie, potrebbe essere. Si riguarda il replay e si pensa: ma com’è possibile che con due lunghi così i Lakers non riescono a dominare in area? Com’è possibile che gli aiuti dal lato debole non siano decisivi nell’impedire le penetrazioni dei piccoli avversari? Com’è possibile che Faried e McGee abbiano a lungo dominato contro Gasol e Bynum?
Il terzo quarto ci dà una ottima risposta. Nel momento in cui i Nuggets trovano la porta chiusa in area e vanno a sbattere contro i nostri lunghi, esattamente come successe in gara-1, la partita improvvisamente cambia. Lawson torna ad essere un playmaker normale, commette diverse palle perse che conducono a numerosi punti in transizione/contropiede per Sessions, Kobe e compagni. Quando finalmente si vede Gasol urlare in campo e sbattersi su ogni palla, si ha la netta percezione che vincere la partita sia a portata di mano. Siamo di nuovo in controllo della serie. Ma…
…ma i Lakers, come detto, sono una squadra di parziali. L’incaponirsi nel cercare a tutti i costi di servire World Peace in post contro Miller blocca il flow dell’attacco, il bilanciamento torna ad essere orrendo, http://i49.tinypic.com/2lt0sp3.png, Denver riprende a correre e ritrova ritmo. Mentre l’inevitabile rimonta si abbatte sui Lakers, verrebbe da chiedersi: e il coach cosa fa per fermare il parziale? Forse sarebbe meglio non porsi affatto questa domanda, perché la risposta è di quelle preoccupanti. Brown infatti chiama subito timeout quando da+16 si passa a +13 (64-51), subodorando che qualcosa potrebbe cambiare e volendo subito fermare il cambio di passo avversario. Quando urla a Sessions di correre in fretta verso l’arbitro sembra davvero determinato, grintoso, pronto a strigliare i suoi e a dare la carica giusta. Il problema è che in uscita dal timeout non solo i Lakers non hanno la carica giusta, non solo non riescono a invertire la tendenza, ma vanno addirittura clamorosamente sotto: 17-4 parziale Denver e tutto da rifare. Altro da aggiungere? No, se non che il terzo quarto finisce con un misero +1, 69-68.
Il quarto quarto è la battaglia che tutti si aspettano, le due squadre non si risparmiano e lottano su ogni pallone, fioccano i rimbalzi offensivi, i palloni sporcati e i tuffi per terra. In questo contesto ci si aspetterebbe di vedere gente come Bryant e World Peace emergere, altri come Gasol e Blake ad annaspare. Accade però l’imprevedibile. Non è tanto la scarsa vena offensiva di Kobe a impressionare, pur essendo doveroso sottolineare come abbia letto bene gli adeguamenti della difesa contro di lui e giocato più da uomo-assist che da realizzatore; i postumi del virus intestinale devono avere avuto un loro ruolo, ma va bene così. Né tanto meno sorprende che Metta, nonostante una prova balistica discutibile, sia sugli scudi e perfettamente a suo agio nel contesto di lotta senza tregua (grandioso +18 con lui in campo). Quello che invece sorprende alla grande è l’atteggiamento di Gasol e Blake: il primo gioca un quarto quarto, e più in generale una partita, di livello incredibile, con una fisicità ed un’intensità ai limiti dell’insospettabile; il secondo si conferma sentenza dall’arco e continua sul solco del buon secondo quarto arrivando a firmare ben 5 triple consecutive senza errori. E così, mentre Sessions sta a guardare dalla panchina, Kobe la chiude con una tripla pazzesca, scherza con i commentatori di TNT, (“The way they’are double-teaming, I think you could sitll play”, riferito a Steve Kerr), e finisce 96-87, 4-3 Lakers.
Godiamoci questa vittoria, festeggiamo com’è giusto che sia. I Thunder ci aspettano lunedì notte, e non è difficile prevedere che sarà durissima. Appuntamento alle 3,30 alla Chesapeake Arena, sperare non costa nulla.
Go L.A.!
g.m.