Sono passate quasi tre ore di partita, probabilmente andremo a letto che saranno le 8.00, ma se non altro, per una volta, non è stato tutto vano.
I Lakers partono per Dallas con una vittoria importante contro i Blazers, mettendoseli definitivamente dietro in classifica, al termine di una partita sofferta come non mai e stranamente vinta, data la nostra atavica incapacità di emergere nei match punto a punto. Per la prima volta da inizio gennaio, i ragazzi in giallo tornano a sole due partite dal 50% (pronti a riaffondare nelle prossime due trasferte); ma purtroppo le belle notizie finiscono qui: i Rockets infatti hanno vinto a Brooklyn, mentre gli Warriors hanno superato all’ot gli Spurs, rendendo l’ottavo posto una cima francamente irragiungibile. E aspettiamo di vedere la pantomima che i Clippers metteranno in atto stanotte contro gli Jazz.
Partita, la nostra, che possiamo tranquillamente definire “classic”. Nel senso che, come al solito, i Blazers quattro partite all’anno giocano vendendo cara la pelle: quelle contro di noi. Anche questa volta non si sbagliano nel far vedere un’eccezione in questa immortale regola, che possano fare sempre la fine di Drexler e Porter nel ’91. Gli uomini di D’Antoni riprendono il discorso da dove era finito con i Celtics: tanto pick and roll coinvolgendo Howard, che risponde presente; buon movimento di palla e in difesa ognuno per sé e dio per tutti. Quindi ognuno per sé e basta. Bryant forza e sbaglia, ma saranno praticamente gli unici errori di tutta la partita, che per il Mamba diventerà presto fenomenale (40 in 36 minuti). L’unico chiaramente non in palla è Nash, sbaglia tantissimo al tiro e in più in difesa è la solita tassa stupro contro Lillard.
Ad ogni modo Portland risponde sempre canestro su canestro, e a forza di fare canestro si accorge che non sta neanche più rispondendo a quelli dei Lakers, ma che anzi sta pericolosamente prendendo il largo quando nel terzo periodo tocca il +6, che è solo più sei, ma che per noi del live si tramuta in un dramma umano di proporzioni godzillesche, appesantiti da tutte le partite dei lacustri che ci siamo sopportati in questa stagione. Ci pensa Santo Kobe a tenerci a galla, segna praticamente di tutto e ci porta all’ultimo riposo sotto di due 80-82 pronti per vivere un ultimo periodo tutto di un fiato, anche perchè non è che ne abbiamo molto di più visto quanto siamo vecchi. Howard trascina i ragazzi sui due lati del campo in contumacia Bryant e Nash (in realtà giochiamo tutta la partita in contumacia Nash), mostrando per la prima volta anche la voglia di caricarsi tutta la baracca sulle spalle. Purtroppo non basta per scappare via, perchè come Gamberini segna solo alla Roma in tutta la sua carriera, Batum fa il culo ai Lakers sempre e comunque. Ma diciamo che possiamo accettarlo, vista la bontà del francesotto. Quello che davvero è dura da mandare giù, è come questi Blazers che dio li maledica trovino sempre delle risorse inaudite quando giocano contro di noi, come se fosse sempre una gara7, ma che possiate sempre fare la fine di Wallace e Pippen nel 2000. Insomma a emergere è un tal Barton, semi carneade probabilmente sconosciuto anche al Papero, che si riscopre novello Rudy Gay per un giorno; e il solito Wes Matthews, che quando vede gialloviola diventa un tiratore da fuori micidiale, al punto da chiudere a 4/7 dall’arco con tanto di tripla step back taglia gambe nei nostri momenti migliori, insomma sembrava Isiah Rider, che però insieme a Kenny Anderson sempre una brutta fine han fatto nel ’97 e nel ’98.
Negli ultimi cinque minuti punto a punto, i Lakers smettono di giocare l’attacco del primo quarto, per proporre un quarto d’ora abbondante di isolation per Kobe su un quarto di campo con tutti gli altri che guardano fermi, sembra che quando si decide una partita, ci blocchiamo e preghiamo Bryant. Che stavolta le preghiere le accoglie, trova anche uno scarico per Nash piazzato da tre che chiuderebbe la sfida, ma il genietto c’è venuto da Phoenix per fare 1/10, salvo poi farsi perdonare solo parzialmente per il canestro del sorpasso che poi sarà definitivo, quello del 107-105. A questo punto a vincere la partita è la difesa di Artest su Aldridge, quella di Kobe su Lillard e quella di Howard in chiusura sulle penetrazioni e tosto a rimbalzo. I liberi finali suggellano il successo, non prima di aver visto Batum ridare speranze ai suoi con un turnaround jumper dall’angolo marcato, ovviamente da tre, puntuale come Di Natale quando gioca col Milan. Ah, come dite? Glielo hanno dato da 2? Peccato. Peccato davvero.
Ci regaliamo quindi almeno una giornata di semi relax, consci comunque dell’inutilità della vittoria, continuando a onorare Jerry Buss, 2-0 con le sue targhette sulla maglia.
Perdonerete, e se non lo farete pazienza, ma sono quasi le 8.00 e io questo articolo non lo rileggerò neanche sotto tortura.