Una débacle tanto inaspettata quanto inspiegabile. Una resa anticipata in pieno stile Lakers, con tanto di rimonta illusoria. Questa è stata Gara 3, che ci ha lasciato in una situazione pessima dal punto di vista ambientale e di inerzia.
L’incipit di Gara 4 certamente non fa ben sperare: iniziamo con un parziale di 8-3 condito dai giusti ingredienti per il disastro: difesa nel pitturato insufficiente e aggressività zero nell’altra metà campo. Kobe, che secondo il box score prende 13 tiri (?) gioca un buon primo tempo anche e soprattutto in fase distributiva, ragion per cui mettiamo spesso la testa avanti a differenza di Gara 3, ma non riusciamo a restare avanti nè a controllare il ritmo per un periodo prolungato…
Risultato: ritmo della partita dettato dai Nuggets e non da noi, punti della panchina (ovviamente) a loro favore e una difficoltà atavica a gestire situazioni di pick & roll rapido, di transizione o semi-transizione. Il primo quarto si conclude 28-26 per gli uomini del Colorado, con Miller e un ritrovato Gall(in)o sugli scudi, e la combo Faried/McGee che influenza, in un modo o nell’altro, il match.
Nei secondi 12′ raggiungiamo anche il massimo vantaggio provvisorio, con Bynum che si rivela – 48 ore più tardi del dovuto – immarcabile e Jordan Hill che come al solito fa il suo con rimbalzi (6 in un tempo) e hustle. Ma come diceva Sick Boy “a un certo punto ce l’hai….e poi lo perdi”, e inevitabilmente il nostro vantaggio evapora grazie a rotazioni sospette del Patata e un quintetto troppo disfunzionale (Blake? seriously?). Chiudiamo un primo tempo inquietante per autolesionismo sul 45-51 Nuggets, e il passivo poteva essere anche peggiore.
Al ritorno dalle ostilità si mette in moto il maestro Yoda: 4/7 nel quarto, e insieme a Gasol prendiamo un discreto ritmo offensivo, rioperando più volte il sorpasso, tuttavia la sensazione che manchi il classico centesimo per fare un euro, almeno in trasferta, riaffiora pericolosamente e in svariate occasioni in cui potevamo scappare commettiamo turnover incredibili e rifiutiamo tiri comodi che difficilmente ci saranno concessi ancora.
Il quarto che poteva essere quello della svolta si rivela ancora una volta un “vorrei ma non posso”: chiudiamo sul -1 in attesa dei decisivi 12′ di gioco e l’emblema di questa serata stranissima è una signora seduta a bordo campo, che per nessuna apparente ragione entra in campo DURANTE un’azione di gioco, chiedendo di Kenyon Martin. Aggiungeteci il completo sempre più sobrio di Craig Sager (cosa a dire la verità affatto strana) e la serata è del tutto completa.
Il crunch time viene giocato ai nostri ritmi, e la nostra difesa è a tratti eccellente, infatti concediamo solo un misero 5-15 dal campo nel 4°quarto….prima del jumper del pareggio di Gallinari a un minuto circa dalla fine. Succede di tutto: lo stesso Danilo floppa su un blocco di Gasol, e Sessions punisce dall’arco per un +3 sudatissimo e sacrosanto. Nel possesso successivo Denver non ottiene nulla, e pochi secondi dopo si consuma l’epitome di questa soffertissima e strana nottata: il goal della vittoria di un monumentale Steve Blake (!), che con 8 punti pesantissimi nel secondo tempo sottoscrive il trionfo e il 3-1 nella serie.
La partita in sè non crea nè rafforza alcuna certezza per il prosieguo dei Playoff, ma certamente indica la strada da seguire – e soprattutto quella da non seguire. Il maestro Yoda però – quello vero – ci lascia con una considerazione che dice tutto sulla nostra permanenza in Colorado: “Fare, o non fare….non c’è provare!”. Abbiamo sperimentato, ahinoi, tutti e 3 gli stadi. Con 38 di febbre vi saluto, giovani padawan. Go Lakers.
l.s.