La prima partita di un 3-game stint infernale (e la 32esima fatica di questa unica stagione) arriva in un clima non certo idilliaco per i nostri colori: abbiamo arrestato la nostra striscia di vittorie a Phoenix senza nemmeno presentarci sul campo, ed a seguito dei vari trade rumors su Pau Gasol è arrivata puntuale la sfuriata del black Mamba, il quale ha esortato la società – o i resti di essa – a far tacere per sempre ogni dubbio prendendo una decisione precisa sul fatto.
Avversari della serata i Blazers, che nonostante la loro proverbiale infermeria affollata – con il tristemente famoso ritiro forzato di Roy e l’immancabile infortunio a Oden – recuperano in extremis Aldridge dopo un’assenza di appena due partite.
Nonostante ciò, però, anche questa stagione hanno dimostrato di potersi candidare per l’infausto titolo di eterna incompiuta 2012, un titolo appartenuto anche a loro illustri predecessori (90-92 e 2000) soprattutto per la loro schizofrenia in trasferta, dove sono completamente un’altra squadra (5-10).
Il loro mal di trasferta si palesa subito: dopo un nostro inizio con le polveri bagnate, iniziamo a martellare per bene da sotto con Gasol e Bynum – cosa che inspiegabilmente non riusciamo a fare mai con continuità – sfruttando gli enormi mismatch di altezza e tonnellaggio che ci offrono i nostri avversari. La strategia paga eccome, e difendendo con ordine mentre in attacco si aprono le possibilità per l’outside game e per i rimbalzi offensivi (che a fine primo tempo saranno 11), concepiamo due squassanti parziali da 10-0 e da 13-0 che aprono in due la partita.
A fine primo quarto inizia ad operare come un chirurgo anche Kobe Bryant, che contrariamente a quanto si è visto ieri si prende i tiri che gli concede la difesa, non forza più del dovuto e ha un mindset decisamente altruista, nonostante i soli 2 assist.
Il secondo quarto ha un solo protagonista, e non è quello che ci si aspetta: Steve Blake, l’uomo che con Fisher forma il duo di PG forse peggiore dell’NBA, approfitta della difesa dei Blazers che è flottata sui lunghi e grazie a un buon ball movement di squadra scrive 14 nel solo secondo quarto con 4-4 da tre. Solo la parziale reazione dei fin lì irriconoscibili Blazers gli impedisce il tracollo totale: all’intervallo lo Jumbotron dello Staples segna un nettissimo 52-30, con un +14 nei rimbalzi (33-19) e un +5 negli assist (14-9).
Al ritorno in sala operatoria il chirurgo vuole terminare l’operazione in fretta, e in 2:40 raggiunge il ventello di routine, facendo sprofondare il paziente in coma farmacologico sul +26. Ed è lì che si rivedono i Lakers che non vorremmo mai vedere: porosi in difesa, casuali in attacco, con tante palle perse e soprattutto carenti sul perimetro, dove concedono 6 triple su 8 tentativi nel solo terzo quarto, oltre a 36 sanguinosi punti (segnandone 28). La partita è ancora, incredibilmente, aperta.
Il 4° quarto si trascina quasi stancamente per almeno 8 minuti, dove gli uomini dell’Oregon arriveranno fino al -10, ma non si spingeranno oltre, respinti da Bynum (19 rimbalzi) e Kobe, che chiuderà con 28 punti e il 50% al tiro in una vittoria tutto sommato non difficile. Trail Blazers, per l’ennesima volta, all sizzle and no steak, tutto fumo e niente arrosto.
Abbiamo trovato la risposta ad alcuni dei nostri interrogativi, ma restano alcune ombre, le quali difficilmente se ne andranno nelle due trasferte micidiali che ci aspettano (@ Oklahoma City, @ Dallas). La sensazione è che se si potrà migliorare in sede di mercato lo si farà, perchè è palese che ci manca qualcosa, ma non manca poi così tanto per arrivare alla vetta….il dilemma è provarci con o senza Pau Gasol. Ai posteri l’ardua sentenza.
l.s.