Memphis sorprende i Lakers in casa: quarta L tra le mura amiche
L’inizio per la verità non è dei più esaltanti. Le due squadre partono subito forte in difesa e gli attacchi faticano ad entrare in ritmo, sbagliando diversi jumper e non trovando i giusti spazi per le linee di penetrazione. Sono i Lakers a soffrire di più in queste prime fasi, osservazione dimostrata dal fatto che occorrono 4 minuti per vedere il primo canestro dal campo e 8 minuti per la prima schiacciata (di solito arriva molto prima nella partita). L’idea proposta da coach Brown nel corso dei primi possessi è quella di andare continuativamente dai due lunghi, coinvolgendoli o tramite pick and roll oppure tramite ricezioni in post basso/medio in isolamento. Come detto, ci vuole un po’ perchè la soluzione si riveli efficace, ma quando i Lakers riescono ad aprire la scatola, le cose vanno decisamente meglio: Bynum e Gasol salgono in cattedra e iniziano ad instaurare un dominio fisico sotto i tabelloni fatto sopratutto di punti per il primo e di rimbalzi per il secondo (il catalano in effetti è piuttosto impreciso al tiro ma contribuisce bene con 6 rodmans nei primi 10 minuti). Memphis è però una squadra della quale si fa molta fatica a liberarsi, Gay parte bene, Speights titolare al posto di un Z-Bo ancora un po’ arrugginito si rende spesso pericoloso.
E Sessions ? Il play gialloviola parte in maniera molto cheta, attaccando poco, evidentemente ligio al game plan di serata. La sua importanza in effetti viene sottolineata non tanto dai minuti in campo, quanto da quelli in panca: quando cioè entra Steve Blake. L’ingresso in campo dell’ex Blazers coincide infatti con il parziale Grizzlies che consente loro di portarsi in vantaggio a cavallo tra primo e secondo quarto, fino a toccare il +12 come massimo scarto tra le due squadre. Del resto la 2nd unit dei Lakers è veramente pochissima cosa, Brown continua a non avere le idee chiare sui minutaggi dei lunghi dalla panchina, continua a ritenere Metta World Peace la nostra shooting guard di riserva, e continua a dare minuti in campo a Murphy che il lungo n. 14 merita poco.
L’impressione è che Memphis giochi ad un livello di intensità superiore rispetto a quello avversario. Lo si evince dai palloni contesi a rimbalzo, dai passaggi sporcati/intercettati in difesa, dalle grosse difficoltà che (per la prima volta in maglia Lakers) Sessions affronta giocando pick and roll. Non si scopre certo oggi che la difesa di coach Hollins è una delle migliori della lega, e nel primo tempo questo concetto viene fuori con forza. Trovare il bandolo della matassa per i padroni di casa diventa quindi difficile, e neanche il rientro dei titolari in campo riesce ad invertire la tendenza. La soluzione più semplice, ovverosia alzare i ritmi e correre in contropiede, cozza contro l’eccellentre transizione difensiva dei Grizzlies; l’altra soluzione sarebbe quella di iniziare a martellarli con jumper sul perimetro, ma come ben sappiamo alla voce “tiro da 3” i Lakers sono notevolmente carenti. La traduzione di tutto questo sullo scoreboard è il 56-46 con cui si conclude il primo tempo.
Come rientrare in partita? Le prospettive ad inizio terzo quarto non sono delle più rosee. Sessions non riesce a pungere sul pick and roll, i lunghi non riescono a ristabilire quella supremazia intravista nei primi minuti di partita, se ci aggiungiamo il numero eccessivo di palle perse e la solita secchezza dal perimetro, capiamo come mai lo scarto resti sempre al di sopra degli 8 punti. Memphis, che ad oggi sarebbe la nostra avversaria al primo turno, gioca già con motivazioni ed agonismo da playoff, il che ci sorprende. Insomma, l’unico modo di rientrare in partita è quello di pareggiare, e magari superare, il loro livello di intensità fisica.
E allora capita che, da qualche parte nella nostra testa, si accenda un interruttore e che le cose cambino all’improvviso, da un possesso all’altro. Capita che tutti i jumper che prima non entravano, ora entrino; che i palloni contesi a rimbalzo cadano tutti nelle proprie mani e che Memphis inizi a perdere quel po’ di fiducia mista a sana arroganza che li aveva sospinti fino a pochi possessi prima. Parziale di 15-0 e partita riaperta sul -3, 70-73, che chiude il quarto. Il problema è che il parziale non può durare in eterno, e quando finisce bisogna riaffrontare le difficoltà appena descritte; ma andiamo con ordine.
All’inizio del quarto quarto Brown ci prova con un quintetto inedito: Sessions-Blake-Kobe insieme in campo. I risultati però non sono dei più incoraggianti, anche perchè Kobe inizia ad incaponirsi (come di consueto) e si ritorna alla totale secchezza offensiva che l’idillio del finale di terzo quarto ci aveva parzialmente fatto dimenticare. I Grizzlies infatti, una volta subita la mareggiata, tornano a difendere e lottare a rimbalzo come ossessi, riuscendo così in un fatale controparziale di 20-9.
A questo punto accade qualcosa che lascia sinceramente a bocca aperta: a 6 minuti dalla fine Brown sostituisce Kobe Bryant! Immaginatevi la scena, così come viene raccontata da Heather Cox, bordocampista di ESPN: Brown si avvicina a World Peace, gli dice “Entri per Kobe”, Metta alza un sopracciglio e resta perplesso, Kobe va a sedersi in fondo alla panchina senza degnare di uno sguardo o una parola il suo allenatore.
L’episodio di per sé non ha ripercussioni sulla gara, i Lakers restano stabilmente sotto nel punteggio e perdono la partita, interessante però valutare quali saranno le possibili ripercussioni di un gesto che promette di far discutere parecchio.
Per la cronaca, 102-96 finale.
Note a margine:
-tripla di Bynum nel finale
-DNP-CD per Arenas
g.m.