Los Angeles Lakers vs. Milwaukee Bucks 89-100 (11-9)


Settima sconfitta su otto trasferte per i Lakers che fanno un importante passo indietro dopo la bella prestazione nel derby contro i Clippers. Non basta un Kobe da 23 punti, 8 rimbalzi e 9 assist.

Dopo due notti di riposo i Lakers, reduci dalla battaglia vinta nel nerby di mercoledì, sono ospiti dei Milwaukee Bucks al Bradley Center, Scott Skiles è costretto a ricostruire i pezzi della squadra dopo il season-ending injury di Andrew Bogut (frattura alla caviglia sinistra) e a impostare il piano tattico della partita a partire dal’assenza dell’australiano.

Milwaukee infatti sin dal primo quarto gioca una pallacanestro prettamente perimetrale, grazie alla possibilità di avere a roster lunghi come Gooden e Ilyasova che allargano il campo e contestualmente sgombrano l’area per facilitare le scorribande dei penetratori (Jennings in primis, ma anche Dunleavy ad inizio secondo quarto). Il loro scopo è quello di giocare a ritmi alti, sui 28 metri, correndo e tirando tanto nei primi secondi dell’azione; il nostro è evidentemente il contrario.

Appare quindi subito evidente come la squadra vincente sarà quella che riuscirà a imporre il proprio gioco. I Lakers provano a tenere i ritmi bassi, servendo i lunghi con continuità per i primi sei minuti di gioco e vanno comodamente in vantaggio, dalla seconda metà del primo quarto in poi però Bynum e Gasol smettono di produrre e allora diventa la partita dei Bucks. A cavallo dei primi due quarti mettono in piedi un parziale di 17-0 e i Lakers si ritrovano improvvisamente ad annaspare e ad inseguire. La second unit gialloviola, in particolare il quintetto con McRoberts-Ebanks-World Peace che dovrebbe avere mansioni prettamente difensive, viene letteralmente massacrata dalla controparte avversaria e se non fosse per un paio di rare triple (a segno ancora il promettente Goudelock) questi minuti sarebbero da dimenticare.

Il ritorno dei titolari in campo riesce a tappare la falla e a riportare i Lakers a -8 sul 43-51 che sancisce la fine del primo tempo,

Al ritorno in campo nel terzo quarto si auspicherebbe un ritorno al gameplan originario da parte dei gialloviola, ma Gasol e Bynum sono più spettatori che dominatori. Come al solito la linea di confine è di difficile demarcazione: i lunghi sono poco produttivi perchè sono serviti poco e male? O i lunghi sono serviti poco e male perchè sono poco produttivi? Dovunque decidiate di tracciare la linea, già sapete che la risposta ad entrambe le domande si traduce in campo con un nome e un cognome: Kobe Bryant. Il Mamba Nero ne segna 13 nel solo terzo quarto e condisce il tutto con 4 assist, due dei quali per il sempre positivo Goudelock che ha oramai soppiantato Darius Morris come backup di Fisher in playmaking.

I Lakers tornano in carreggiata a due-tre possessi di distanza, nonostante nel quarto quarto (come già per qualche minuto nel secondo) Kobe soffra la marcatura di Mbah A Moutè e sia costretto a cercare di coinvolgere i compagni più che a cercare soluzioni personali. La sensazione però è che i compagni non siano esattamente pronti ad accogliere le assistenze del 24, motivo per cui negli ultimi sei minuti quasi tutti i possessi sono delle ricezioni per il suo uno contro uno. E così, mentre in difesa tutto sommato un paio di viti sono state strette, in attacco la qualità complessiva dei tiri resta piuttosto bassa. In queste condizioni una rimonta è dunque impossibile. Dunleavy mette i proverbiali nails in the coffin e i Lakers sono costretti a deporre le armi.

Prossima fermata domani in back2back a casa di Ricky Rubio e dei Minnesota T’wolves. Riusciranno i Lakers a interrompere la maledizione delle trasferte?

g.m.


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