Nella seconda e ultima partita con Bickerstaff, i Lakers ritrovano fiducia e risultato, consegnandosi nelle mani di D’Antoni in buone condizioni psicofisiche.
In attesa di un approfondimento sul nuovo head coach dei Lakers, passiamo alla cronaca della partita.
I Lakers targati Bickerstaff riscoprono il piacere di giocare in maniera semplice. Accantonata definitivamente la Princeton, si torna a giocare come una squadra di 20 anni fa: palla in post ad ogni possesso. L’attacco inizia quando la palla arriva al lungo sulle tacche: da lì si fa un largo uso del passaggio consegnato per la guardia che taglia verso il canestro, in alternativa al canonico 1vs1 dell’Howard o del Gasol di turno. Si vedono invece ancora troppo pochi pick and roll ed è un peccato visto che in una delle rare occasioni in cui Kobe e Pau lo giocano centralmente si riesca a costruire un tiro pulitissimo piedi per terra per Morris (sempre affidabile sopratutto dall’angolo). Il primo quarto si chiude con un vantaggio comodo di 7 punti, con un attacco ben equilibrato per numero di tiri e punti a testa
Nel secondo quarto abbiamo la conferma che le cattive abitudini sono dure a morire: il solito quintettone con Jamison da ala piccola entra in campo sul +7 e si fa prontamente rimontare. Con loro in campo c’è Howard, ed è sintomatico come ad ogni sua ricezione in post faccia fatica ad attaccare, in quanto dopo il primo palleggio si trova di fronte un’area intasata di giocatori. Altro sintomo che questa strutturazione non serve a nulla: sul 30-34 il coach dei Kings Keith Smart inquadrato dalle telecamere chiama a gran voce “Open!Open!Open!”: i suoi si schierano cinque fuori, Brooks penetra, scarica per il lungo, che gliela restituisce, ed è una comoda tripla. Si, attaccare questo quintettone è davvero così semplice. Se non altro siamo abbastanza certi di non rivederlo mai più.
Fortuna che il rientro dei titolari rimetta le cose a posto. Ancora una volta lo fa giocando in maniera semplice, mixando isolamenti per Kobe spalle a canestro ad efficaci pick and roll Blake/Bryant che fruttano punti rapidi. Con i titolari in campo si riguadagna anche un minimo equilibrio difensivo, anche perchè a onor del vero Sacramento gioca una pallacanestro basilare, e l’assenza di Cousins (sospeso per due gare dalla lega per una lite verbale pesante con l’announcer degli Spurs, Sean Elliott) li priva di molte soluzioni offensive. All’intervallo è +9.
Alla ripresa delle ostilità i Lakers subiscono un mini-parziale, frutto delle solite palle perse e dei soliti punti in contropiede subiti. La partita però si chiude in meno di un minuto. Sul 57-65, Kobe prima segna una tripla, poi si invola in contropiede e alza l’alley-oop per Metta: è la cosa più bella della partita, non tanto per l’azione in sé, quanto per il sorriso che si stampa sul volto del Mamba e che sancisce la W.
Tutto il resto è sorrisi, garbage e statistiche. Howard ritocca il suo stat sheet e arriva a 23+18, Hill si conferma in buona forma, persino Duhon e Clarke si iscrivono al tabellino dei marcatori. Peccato invece per le pessime prestazioni di Jamison e Meeks: il primo è ancora troppo spesso pesantemente fuori ruolo, il secondo sembra aver smarrito la confidence vista in preseason, e Dio solo sa quanto con l’arrivo di D’Antoni sarà fondamentale recuperarlo.
g.m.