Il destino è strano, sicuramente bastardo: così, quando tocca a te fare il recap live di una gara alle 4.30, fa in modo che tu non possa iniziare l’articolo prima degli ultimi 20 secondi, facendoti fare le 7 di mattina in grande simpatia, come quella di McHale che allunga l’agonia con dei timeout inutili. Il brivido, peraltro, si prolunga fino all’ultimo secondo, quando i Rockets tengono lo Staples con il fiato sospeso fermandosi a 99 punti, garantendo così i famosi tacos per tutti. Tacos che, vale la pena dirlo, non sanno di nulla e sono molto più piccoli e meno farciti rispetto alla foto ritoccata che ci propugnano. Certo, il tagliando dei due tacos gratis è comunque molto gradevole e vale la pena conservarselo, ma i losangelini se lo tengono o se li vanno a mangiare poi i tacos?
Dai continuiamo con le cazzate nel recap, tanto non è tardi, perdiamo altro tempo. Di cosa parlare? Ah si, la partita. Sicuramente uno spettacolo gradevole per gli occhi, divertente, che non ha certo faticato a tenere svegli i tifosi che l’hanno vista in diretta (non più di cinque disgraziati), che si è presentata sin dalle prime battute ad alto ritmo e bene o male così è rimasta fino alla fine. I nuovi Lakers di Mike Brown hanno ad ogni modo dimostrato di saper giocare anche a chi segna di più, mettendo da una parte, almeno dal punto di vista della continuità sui 48 minuti, la difesa che ce li aveva fatti apprezzare nelle primissime sfide stagionali. Totalmente a suo agio Kobe, che dimostra di aver capito la lezione di Denver iniziando la partita tirando di tutto, questa volta però con percentuali migliori (peggio era difficile); benissimo Bynum che nei primi tre, quattro possessi con la palla in mano ha ricordato il peggior Mutumbo, ma con un atteggiamento aggressivo a rimbalzo si è sciolto, iniziando a macinare anche nella metà campo offensiva e portando a casa la terza grande prova stagionale su tre, con 21 punti e 22 rimbalzi, prima volta in carriera a 20-20. Ciò nonostante per i Lakers non è stato facile: i Rockets hanno sfruttato i ritmi alti per trovare buone soluzioni, Lowry ha ovviamente oscarobertaggiato contro i nostri play e Scola si è dimostrato immarcabile prima per Gasol e poi per Bynum; inoltre si è aggiunto “simpatia” Budinger, che ha tirato il 200% da tre prima che Artest lo regolasse fisicamente nell’ultimo quarto. Meno male che questi Rockets non sono allenati e sono costretti ad autogestirsi come la mia squadra di csi, altrimenti sarebbero pericolosi molto di più; invece capita di vederli tirare spesso senza senso dopo un passaggio o due, con la sensazione che bene o male tutti possano fare come gli pare. L’uomo in panchina con la pettinatura Beatles anni ’60 se ne sta seduto come Phil Jackson, si guarda la partita come lui, non chiama time out durante i parziali come lui, ma sa allenare come Nando Gentile. Non è un caso, infatti, che nel frenetico punto a punto dell’ultimo quarto, appena i Lakers stringono le viti in difesa i Rockets non trovino contromosse, finendo sotto di 10 in un amen e non recuperando più. Jackson non chiamava timeout per istruire la squadra, McHale perchè non sa cosa dirle.
A metà ultimo quarto, quindi, lo strappo decisivo dei gialloviola, con grande protagonista Bryant (37, 8 rimbalzi e 6 assist), che finisce poi con il cercare il quarantello ossessivamente nelle battute finali. Va segnalata la seconda prova positiva di Blake, molto intrepido in attacco e premiato dalle percentuali, e un singolare World Peace in versione distribuitore di palloni, che aveva voglia di fare il playmaker. Anche stavolta partenza in quintetto per Barnes, ma chi finisce col giocare più minuti da ala piccola alla fine è Kobe; con out McRoberts comunque Brown ruota solo i tre lunghi (Murphy meglio del solito), rinunciando ad esperimenti come Barnes o il fu Artest da 4 tattico.
Bene, direi che è tutto, ed anche se non lo fosse ho il cervello annebbiato dal sonno. Finisce con una vittoria 108-99, tutti contenti e ora tutti a Portland per prendere la solita ripassata annuale giovedì notte.
a.d.f.